di Nuccio Dispenza
All’appuntamento ci andiamo con Vanessa. Sistema i suoi tre cani nel recinto e scendiamo verso la scuola materna di Villaseta. “Questo è stato il mio asilo”, dice Vanessa, sbirciando dal vetro. Forse ci sono i preparativi per riaprirlo. Vanessa è figlia di quelli che dal Rabato andarono via per la frana. Dapprima in passaggio in una antica grotta scavata nel tufo dorato che s’accende col sole del tramonto, poi una casa in questo “paese” che avrebbe potuto essere, e sulla carta era, un quartiere modello. Case di accettabile cubatura, tutte rivolte al Sud, a guardare il Mediterraneo, che non è poi così lontano. Ma Villaseta appare lontana da tutto e da tutti.
Noi e Vanessa arriviamo quando arrivano anche i ragazzi di”Manuzza”. Puntuali. Su quattro auto, un paio sono Bmw, loro sono dieci. Dieci dei venti ragazzi che hanno pensato e girato un corto in due parti che un pò li rappresenta. Solo un pò, il modello è Gomorra e le tante serie che guardano con passione. Niente cinema (” Magari di tanto in tanto con la ragazza, film d’animazione o d’amore”), poca tv, sanno cosa cercare, guardare. Giovanissimi, solo quattro di loro vanno a scuola. “E gli altri? Voi che a scuola non ci andate?”. “A volte lavoriamo. A volte…”. Qui è tutto “a volte”. Uno di loro, il più piccolo di statura, tutto di nero vestito tranne un logo bianco taroccato sul petto, timido, che parla poco, si ritrova nel mezzo del cerchio che noi e loro abbiamo fatto per questo incontro in piedi davanti all’asilo chiuso, a ridosso degli uffici del Giudice di pace. Probabilmente per motivi di sicurezza la strada che vi arrivava da un funzionale sottopassaggio ormai ingombro di rifiuti e vegetazione, è ostruita da un reticolato. E’ lui che inizia a raccontare di quella volta che ebbero l’idea di”fare un film”. Fu un giorno come tanti altri, qui a fare quel che si fa tutti i giorni, quando si aspetta che il bar-rosticceria sforni le arancine. Una birra, una corsa in moto tra le strade del centro commerciale morto… Poi parla Dario. E’lui Manuzza. E un ragazzino ma ha già un figlio. Lui ne ha diciannove di anni, chi gli sta accanto ne ha venti e di figli ne ha praticamente due, il secondo è in arrivo. Dario – occhiali da sole sulla fronte – mima di quando era in moto, fermo, e fingeva di correre, accompagnandosi col suono della bocca, come fanno i bambini, per il rombo del motore. Fu allora che qualcuno di loro esclamò: “Perché non facciamo un film”. Dario a quel tempo aveva il polso e la mano ingessati. In un incidente c’era mancato poco che ci rimettesse la mano. E col gesso girò il film. Manuzza, dunque, per quel gesso.
Come in tutte le periferie, delle città e del mondo, è facile che accadano piccoli miracoli. Ci si può affidare solo a quelli e al caso. E il film di questi ragazzi sa di miracolo. “Con cosa lo avete girato?”. Si fa avanti uno di loro e mostra un telefonino, neanche tanto sofisticato:”Con questo? Con questo e con cos’altro?. “Con questo e basta”. “Solo con un telefonino?”. “Si, tutto qui”. Niente sceneggiatura, hanno iniziato a girare soltanto con modelli in testa e negli occhi, senza sapere dove si arrivava. “Pensavamo di fare un piccolo video, un minuto, poco più…Alla fine ci siamo ritrovati con 600 ore di girato…”. E lì è cominciato il piccolo miracolo nel miracolo. A montare Manuzza è stato quello piccolino in nero con sul petto il logo della Nike. Si è chiuso nella sua camera, davanti al suo pc, ha scaricato un programma di montaggio, sbarrato la porta agli altri, ha cominciato e ha finito forte delle sue intuizioni.”Mi sono insegnato da solo…”. Tutto da solo, senza una cognizione di cinema o di tv, senza scuola. Tutto frutto di quella genialità che un giorno lo ha spinto a imparare da solo anche l’antico mestiere di intrecciare i canestri.
Per le musiche no, per le musiche tutti hanno contribuito col pezzo preferito, col genere più vicino. Il neomeloidico non manca, quello è una colonna sonora che al Sud attraversa periferie e quartieri abbandonati. Ma questa è un’altra storia, e ne parleremo.
Armi finte, soldi finti, niente ragazze nel cast. “No, le ragazze le abbiamo tenute fuori, poteva essere pericoloso…”. In effetti, le sere e le notti in cui si girava, c’era chi aveva il compito di sorvegliare perché non accadesse l’incidente. “Tenevamo lontani…Qualcuno poteva pensare che fosse realtà, non finzione…Quelle armi…Poteva passare la polizia, pensare…No, troppo pericoloso, le ragazze no…” E poi raccontano di quando, girato Manuzza 2, furono avvicinati da un carabiniere della vicina stazione, avvertiti che non si erano mossi nelle regole, che era meglio rimuovere Manuzza da Youtube. La prima parte aveva raccolto più di 15mila visualizzazioni….Per loro fu un dolore…Tolsero Manuzza 2, ma solo per qualche giorno, poi decisero di rimetterlo….
“Tante visualizzazioni, poche della gente di qui…”.
Mai pensato di partecipare ad un film festival, magari di quelli indipendenti? “Si, certo, ma è difficile…Vogliono che sia in inglese, sottotitolato…”. Provateci. Ci proveremo. Ci rivedremo, vi diremo di quando pubblicheremo video intervista e reportage. Salgono in auto, via. A casa ci sono le ragazze, mogli e madri. A Villaseta comincia una nuova sera. A volte, chissà.