di Luisa Costa Gomes
Il trenino che portava al mare Inaugurato con grande scalpore e risonanza all’inizio della stagione estiva del 1960, il trenino è stato per decenni l’allegria dei bambini. Negli anni Settanta vi era perfino animazione a bordo e i grandi cantanti vi si esibivano in piedi, forse approfittando del viaggio per fare un po’ di sensibilizzazione rivoluzionaria.
Già durante l’inaugurazione, la banda dei Pescatori di Costa aveva infastidito il vescovo con una marcia di rivolta popolare del tempo della guerra civile.
Nel 2020 il trenino avrebbe compiuto sessant’anni e per la prima volta non è entrato in funzione. La realtà delle spiagge di Caparica, da quasi un secolo considerate “spiagge dei lisboeti”, nonostante siano separate dalla capitale da un fiume, da un ponte e da venti chilometri di autostrada, riempie un paesaggio protetto di gente e macchine e fa sì che tutto ciò che si riferisce alla mobilità assuma un’ importanza maggiore.
È gradito tutto ciò che possa aiutare a proteggere gli ecosistemi della zona, organizzando l’accesso al fronte atlantico costituito da 16 chilometri di costa minacciata sopratutto dall’erosione marittima e dall’inquinamento della pressione umana. La città di Costa da Caparica ha oggi vita propria; il numero di residenti è aumentato sostanzialmente nell’ultima decade, ma questo numero diventa eccessivo durante l’estate, con milioni di residenti temporanei e visitatori.
La non coordinazione dei mezzi pubblici, cari e caotici, e un’abitudine molto lusitana ad una nozione superficiale di confort porta i lisboeti
a fare file interminabili lungo il percorso che in un’ora e mezza li porta alle desiderate spiagge. E, alla fine della giornata, seduti di nuovo nelle loro piccole automobili, sopportano la stessa lentezza per tornare a casa.
Dove c’è parcheggio, si parcheggia anche se è caro e i posti sono pochi, ma la disciplina da spiaggia non è il forte dei portoghesi. Quando il caldo è soffocante, le auto sono lasciate in ogni dove, e via in acqua. In questo contesto, l’esistenza di un treno che lungo nove chilometri e 15 fermate distribuiva i bagnanti nelle diverse spiagge, era importantissimo per alleviare la pressione sull’ecosistema del fronte atlantico di Caparica. Non risolveva certo il problema della mobilità integrata, ma era già qualcosa.
Nel 2007, incluso nel grande programa Polis, che, come tutti i grandi programmi, cominciano dalle estremità e lasciano gravi crepe nel sistema, si è spostato il capolinea del Transpraia dal centro all’inizio della spiaggia, cioè 200 metri più avanti. Dal capolinea degli autobus c’erano circa venti minuti a piedi, con le borse da spiaggia e i bambini in braccio. Il capolinea era così ben nascosto che si è pensato che il trenino non esistesse più.
Nel 2012, dopo l’ennesimo annuncio del proprietario che aveva reso pubblica l’intenzione di venderlo a un acquirente straniero, gli attivisti della terra si sono mobilitati, organizzando manifestazioni e sottoscrizioni, ma anche presentando esposti.
Il Transpraia era nel cuore dei residenti. Il proprietario riferiva che “voleva ritornare in centro”, aggiungendo che avrebbe pagato bene se gli avessero permesso di fare i lavori. Joaquim Judas, sindaco del Comune, comunista, aveva accettato l’idea e aveva manifestato pubblicamente il suo desiderio di portare il Transpraia in centro e anche oltre. Il sindaco di Costa da Caparica, José Ricardo Martins, voleva che arrivasse fino a Trafaria, cioè fino al fiume Tago. Ma tutto è rimasto com’era” ( Notícias da Gandaia ). Negli ultimi anni il trenino è diventato un mezzo di trasporto per le élite che potevano pagare un biglietto di 7 euro a persona.
La questione del Transpraia è interessante anche dal punto di vista della comunicazione (mancata), visto che si tratta di una conversazione fra sordi, o meglio di disconversazione fra i poteri pubblici e gli investitori privati. È dal precedente esecutivo che il Comune dice che vuole, o pensa di volere, o pensa che forse vuole, o eventualmente vorrà, o probabilmente, forse, vorrà, municipalizzare tale risorsa. E di fronte ai prezzi esagerati del privato (il proprietario ha chiesto un milione e quattrocentomila euro per la composizione a diesel e per i binari) abbiamo due interlocutori che fanno di tutto per non capirsi.
Il privato vuole dissanguare lo stato (e chi non lo vuole in Portogallo?) e lo stato non vuole farsi dissanguare se non in caso di assoluta necessità da Banche&Mascalzoni. Vi sono sempre grandiosi progetti che poi non si realizzano, o si realizzano solo poche tappe e poi finisce tutto. Nel 2020 queste negoziazioni, dicono le parti, sono state fatte, non sono state portate a termine, o a partire da un certo momento il Comune ha voluto dare in affitto il treno e non c’è stato il tempo di fare la manutenzione necessaria.
Il trenino, com’ è ovvio, non risolverà i grandi problemi di mobilità di Costa da Caparica, che in Agosto accoglie circa un milione e mezzo di persone. Sarebbe necessario un programma molto più ampio e coordinato che possa portare le persone, con i mezzi pubblici (treno, autobus, barca) da Lisbona alle tanto desiderate spiagge, lasciando in garage le automobili che gravano sulle dune e congestionano le vie.
(traduzione di Nunziatella Alessandrini)