di Nuccio Dispenza
In questi giorni e in queste ore fanno fatica a trovare spazio nelle cronache notizie di segno positivo, che possano raccontare un Paese diverso da quello che ci appare, stolto e cattivo, violento da un lato e dall’altro incapace a difendersi dalle insidie, costruire un nuovo e positivo passaggio della sua storia, che appare incerta e pericolosamente in bilico. Perché, mentre negli ospedali medici e infermieri – con eco minore, e con aggiunte difficoltà – fanno quel che fecero mesi addietro diventando eroi ai nostri occhi, alla stoltezza e alla cattiveria si oppone un’altra Italia capace di piccoli, grandi gesti che stentano, però,ad essere notizia. Il racconto in tv non li guarda neanche, ancor prima di valutarli li archivia, buttandosi a capofitto in quel racconto facile, e superficiale, di cosa accade nelle piazze, non del perché accade. Il linguaggio si tinge di parole forti, rivolta, assedio, e nelle redazioni si finisce col fare il PR di chi sta dietro le piazze e le organizza, utilizzando i social con una maestria che rinvia all’idea di una organizzazione che merita l’attenzione che magistrati ed investigatori hanno, anche non lontano da noi. E’stato l’amico Guido Ruotolo a scrivere qualche tempo fa di “forti presenze sul web” riportando una preoccupata analisi dell’Antiterrorismo. I progetti di destabilizzazione della democrazia sono mutevoli, si adattano, sono veloci ad intercettare il nuovo terreno d’azione. Quel che è certo è che in una condizione di malessere e disagio economico crescente, messaggi e parole d’ordine violente, irrazionali e di rottura sui social possono raccogliere in periferia e spingere in centro città – come è stato in ultimo a Torino – ragazzi pure della “prima volta”, che danno l’assalto alle vetrine di Gucci. Dicevamo i medici e gli infermieri. Il primo dei tre episodi che qui riprendiamo li vede protagonisti e vittime. La notte tra sabato e domenica davanti all’Ospedale degli Infermi di Rimini sono state danneggiate decine di auto del personale sanitario: specchietti e vetri rotti, carrozzerie rigate. Vandalismo? Qualcosa di diverso e di più grave. Due le ipotesi, entrambi inquietanti. La prima, che sia stata la demente risposta di chi ha dovuto fare i conti coi tempi lunghi dell’emergenza che sta spingendo in tilt le nostre strutture. La seconda, che sia stata una delle tante manifestazioni di chi, estremizzando la propria demenza, arriva a vedere medici e infermieri funzionali ad un progetto dittatoriale che impone mascherine e regole di emergenza. In ogni caso, mentre si indaga e si chiede che i parcheggi dell’ospedale finalmente siano muniti di videocamere di sorveglianza, ecco la risposta che magari non ti aspetti: i carrozzieri di Rimini e dintorni ripareranno gratuitamente i danni alle auto del personale degli “Infermi”. Da Rimini a Napoli. Anche qui, piazze dal volto incerto che abbiamo l’obbligo di riconoscere. Massimiliano ha un bar, è uno di quelli che dalle misure dell’ultimo DPCM è danneggiato. Eppure, sulla sua pagina Facebook non parole di rabbia, ma di solidarietà:”So di tante famiglie che non riescono a mangiare, sappiano che al mio bar per loro ci sarà ogni giorno un piatto caldo, un piatto di pasta”. Massimiliano va oltre il “pasto sospeso”. Lui, napoletano,conosce il pudore di chi è in difficoltà, per questo è sempre il primo a fare un passo, riconosce il disagio, precede la richiesta di aiuto.
Da Napoli ad Agrigento. Quel che sta accadendo attorno alla giovane coppia di tunisini e ai loro due piccoli è straordinario. Li abbiamo raccontati, ora sono difesi da solidarietà, amore e riserbo. Li conosciamo, la famiglia era stata fatta sbarcare a Porto Empedocle senza neanche il foglio di via. Senza soldi, senza riferimenti, a piedi fino ad Agrigento, aveva dormito per qualche giorni nella villetta vicino alla basilica di San Calogero. Poi, l’Sos, una straordinaria catena di solidarietà, giovani, ragazze in prima fila: un tetto provvisorio, poi un tetto più stabile, assistenza, vestiti, da mangiare, una guida legale, una copertura medica. Lui e lei che sperano di restare qui, di poter lavorare, i bambini, che giocano, sorridono e imparano l’italiano. Tutto resta maledettamente difficile ma il cerchio attorno a loro è ogni giorno più vasto e più caloroso. Si incrociano le dita e si spera.