di Daniele Moretto
Presente delle pietre
1
Noi pietre del paese
aspettiamo le piogge
e il sole di domenica.
Collirio, pace.
2
Ché i passi ci frastornano,
graffiano questo nostro
poroso
cristallino.
3
Possiamo essere facce
sospese sui bugnati.
Cavate, ricavate.
4
Possiamo essere merli
feritoie della guerra
colombe della pace
archi a crociera abbeverati d’ombra.
5
Possiamo essere ponti
colonne custodite
dall’abbraccio del vento.
Dal vento rose fino a rovinate.
Possiamo esser facciate.
6
Possiamo stare al sole
senza sentirci sole
o sia dimenticate.
7
Prima o poi viene l’uomo
a usarci
farci case
cerchi d’aia.
Sentire delle pietre
1.
Noi balate sentiamo le voci,
impariamo i dialetti, le calate.
2.
Quando, dopo, si sciolgono
le parole s’appiccicano a noi,
selciati.
3.
Orecchi delle case
testimoni mutissimi
e mesti, dei delitti.
(Le acquate d’aprile durature
lavano il nero delle offese
e quella d’ogni mese
purifica le ingiurie).
4.
Noi, pietre dei paesi
riconosciamo i venti.
Scirocco ci segna, ci disegna,
ci strazia con i passi macinanti
sabbia
– pura pulvica sorella –
sopra il nostro poroso cristallino.
Poi, ci sazia di miraggi!
5.
Dicessimo dei pesci
– quel che arriva dal mare –
non dormireste più
(voi che cercando forma
voi stessi deformate
la verità per gli uomini
è un vetro troppo limpido).
6.
Possiamo ricordare
i racconti dei fiumi
di quando fummo letti.
7
Temporali di agosto
che ci portano i brividi
degli amanti nel Nord!
8.
Nelle mani degli uomini,
viaggiamo.
Gli schiavi erano liberi, con noi.
Parte anch’essi
del nostro divenire
polvere e templi
materia del silenzio
che si possa toccare
questo seme nell’aria
che si perde impalpabile:
pregare.
9.
Noi siamo la certezza
concreta
della Terra.
(I dipinti di Crizzo fanno parte del polittico ‘Preludio d’inverno’)