di Tano Siracusa
Il Natale, come si sa, preferisce la sera, il buio della notte, forse per poterlo illuminare con le sue luci.
Alle 17, 30 del 17 dicembre i fari delle automobili risalgono via Atenea con lente, oziose carrellate sulle vetrine. C’è chi pensa che si incoraggino in questo modo gli acquisti, forse scoraggiando pure gli assembramenti. Non sembra che funzioni, però dovendo proprio comprare il regalo si può posteggiare con due ruote sul marciapiedi e i lampeggianti accesi. I Suv sono fatti apposta.
I locali stanno chiudendo anche in via Pirandello, la strada delle movide estive adesso vuota. E’ possibile sentire i passi di due immigrati che vanno verso Porta di Ponte dove l’ombra si infittisce e protegge il loro ritrovarsi fra stranieri. Accanto alla chiesa di San Pietro, dall’unico belvedere rimasto in centro storico, l’ingresso del Viale è una trapunta di luci su cui svetta l’albero di Natale; le automobili, sotto, sembrano giocattoli. Lontano, sul fondo buio del mare, il luccichio della nave ormeggiata.
Almeno fino ad oggi non c’è musica in via Atenea. A differenza degli anni passati niente novene e canti ad intrattenere la folla che si assembra altrove, dove c’è anche la musica giusta di sottofondo, uno sfavillare di luci e tante, tante cose da comprare. Dicono che al Villaggio Mosè ci sia una baraonda di auto e al centro commerciale una folla di infaticabili pedoni. E’ il moderno rito natalizio, quello dei doni, dei regali, che accomuna credenti e non credenti e che non ha nulla a che fare con la festività religiosa. Ma comprare, se non è una religione, è la ragione per cui si vive, possedere questo e quell’altro, saturare tutti i vuoti, riempire i silenzi. Non c’è altro da fare sembra, niente di meglio, anche se il Papa non è d’accordo.
Ma lui è il Papa, dice qualcuno, e poi questo è un Natale speciale, di paura e di rabbia, e mai come in questi giorni il dito alzato, la rampogna contro la compulsione consumistica suonerebbe stonata, incomprensiva. Darebbero ragione al Grande Inquisitore oggi, con l’aria che tira.
Eppure è Natale anche dove c’è silenzio, fra le superfici lucide delle auto posteggiate che riflettono la luminaria tricolore, sulle vetrine da dove come angeli senza Dio i manichini osservano il diradato via vai dei passanti. Basta poi da via Atenea salire una scala, una via qualunque, e anche quel modesto sfarzo di luci si dirada. Solo qualche trapunta di luci colorate a qualche balcone, perché in centro storico sono i privati a mettere le piante, a pulire per strada, a ricordare la festa e custodire il silenzio.
Lo stesso silenzio che fa da sfondo al rombo del mare a san Leone, dove le luci di un locale attraggono come falene, poco prima della chiusura anticipata, i pochi sbandati caduti fuori dal rito degli acquisti.
Qualcuno guarda il mare, verso quella nave illuminata piena di migranti che costeggia da giorni, e forse pensa a come deve essere laggiù fra quelle luci e dentro quel buio. In quell’altro Natale.