di Gerlando Mangione
“Rinascita” era una piccola libreria in via delle Botteghe Oscure a Roma. Appariva senza preavviso, la mattina, all’ombra dei pini capitolini, la sera, nella penombra di un angolo appena rischiarato dalle flebili luci della città proiettate sui sampietrini della via. La raggiungevo quasi subito, al mio arrivo a Roma, dopo un epico viaggio in cuccetta a bordo di un treno che annunciava la sua missione unificatrice tra la capitale e i suoi territori periferici sin dal cambio a Termini Imerese.
Lasciarsi alle spalle la littorina che onestamente aveva compiuto il suo impervio corso, tra le pianure antiche e le più aspre colline di Lercara Friddi e Vicari, e salire a bordo della Freccia del Sud significava prefigurarsi e pregustarsi il piacere dell’approdo del giorno dopo a Roma Termini.
Pochi passi la separavano dall’abitazione dello zio storico dell’arte e dal privilegio di poter vagare e osservare più direttamente i meandri sconosciuti del tristemente famoso Palazzo Venezia.Aperta nel 1951, le era stato assegnato il nome “Rinascita” mutuandolo dalla omonima rivista, prima mensile poi settimanale, fondata da Palmiro Togliatti.
Meta, per me, di una ricerca affascinata di testi e riferimenti introvabili nei fieri e sprovvisti avamposti della mia piccola e arresa città di provincia.
Vi trovavo e vi ho trovato la narrazione più ricca e variegata della storia siciliana e delle lotte dei contadini nei confronti del latifondo, delle battaglie dei sindacalisti, dai Fasci Siciliani a Girolamo Li Causi, Accursio Miraglia e Placido Rizzotto, delle rappresentazioni artistiche e letterarie, da Renato Guttuso a Giambecchina a Leonardo Sciascia, di quella storia della sinistra, insomma, semisconosciuta e immolata sull’altare dello stereotipo dell’identificazione siculo-mafiosa, di quella sinistra nazionale interprete attenta e sensibile delle più essenziali istanze sociali di giustizia e solidarietà.
La piccola libreria al piano terra del palazzo di Via delle Botteghe Oscure, la sua stessa ubicazione, costituivano dunque baluardo e paradigma di una nobile storia fondata e sostenuta, pur nelle inevitabili contraddizioni del tempo, sulla conoscenza, sulla preparazione e sulla sensibilità istituzionale e democratica dei sui leaders, ispirata dall’unico interesse ammissibile e praticabile, quello dei cittadini e del popolo italiano.
Da poco più di cinque anni “Rinascita” non c’è più. E’ stata sostituita da un piccolo supermarket, testimonianza, si, legittima dell’evoluzione dei tempi, ma anche espressione più propriamente “politica” dei cascami inimmaginabili della trasformazione antropologica e valoriale subita dal principale partito della sinistra italiana, ormai confinato nel ruolo asfittico di timido “gregario” irretito nei calcoli statistici e sondaggistici di valutazione di una sparuta rendita di posizione politica ed elettorale, disorientato rispetto ad altri “ciclisti in fuga” (citazione di un altro Conte..Paolo Conte) dalle responsabilità democratiche e istituzionali che in questo momento storico il Paese e l’Europa richiedono a gran voce.
Ci vorrebbe si un’altra “Rinascita”, questa volta di una nuova identità incarnata da leader consapevoli della loro grande storia, possibilmente formati alla gestione attenta, scrupolosa e ispirata dell’interesse comune e, perchè no, di una nuova libreria.