di Nuccio Dispenza
“La piccola dorme con la testa e le braccia fuori dalla valigia di cuoio. L’avevano presa per un maschietto, ma ha un piccolo orecchino, vuol dire che è una femmina. Viene trasportata da un uomo – presumibilmente il papà – di cui si vede solo la mano”.
Guardo il TG1 delle 20. In due successivi servizi vorrebbe ricordare i dieci anni di guerra in Siria. Lo fa, mette in onda i due servizi, ma oscurando, nell’uno e nell’altro, il volto dei bambini riproposti dall’album di questi terribili anni. L’osceno sull’orrore.
Per confortare il mio sconcerto, vado a rileggere alcune cronache di questi anni, riguardo il volto dei bambini siriani in tanti bei reportage lì realizzati, senza laidi fazzoletti di censura. Un’infinità di volti, di piccoli volti con grandi occhi, stracolmi di paura. Testimonianze di uno dei più grandi orrori della storia più vicina a noi. Storia che è ancora cronaca. I bambini, si, perchè nella strage della guerra siriana, c’è una strage più insopportabile, la morte di decine di migliaia di bambine e bambini. La bambina nella valigia – scrisse l’Unicef quando ci raggiunse quella foto – “è un’immagine che racconta più di mille parole. Padre e figlia sono fra le migliaia di civili che hanno potuto abbandonare Hanouria, nella Ghouta orientale”.
Ghouta è un grande quartiere alla periferia di Damasco. Mi capitò di visitarlo esattamente un anno prima che in Siria scoppiasse prima la rivolta, poi l’inferno. Probabilmente incrociai tanti di quei bambini “fortunati” che nei giorni del terrore riuscirono a lasciare il quartiere, altri che a Ghouta ci rimasero, sepolti.
Riviste le foto dei bambini siriani, rivisti tanti reportage che hanno raccontato e testimoniato quell’orrore di bambini senz’acqua e senza pane, mi ha confermato la convinzione scandalizzata di quanto sciocco sia stata l’idea del TG1 di oscurare il viso dei bambini siriani ripresi tra le macerie di un inferno lungo dieci anni. E farlo per ricordarli, per ricordarne il sacrificio. Sciocco e crudele, ingiusto, un oltraggio. Bambini che forse sono finiti tra i 20 mila piccoli innocenti che in questi anni hanno finito di vivere, che forse sono stati tra i profughi in fuga annegati in mare, o tra i profughi arrivati vivi e considerati un peso, forse tra quelli che ce l’hanno fatta e ora sono ragazze e ragazzi adulti, che faticano a ricostruirsi una vita, lontano dalla loro terra che resta sotto il dominio della violenza. Davvero sciocco nascondere i loro volti. Forse quei bambini avrebbero meritato d’essere mostrati ancora una volta, non nascosti. Mostrati ancora una volta i loro occhi, la loro paura, il loro moccolo da pianto senza fine. Perché ciascuno di noi si ponesse la domanda: questo è morto, è tra i ventimila, o è vivo, magari indesiderato e discriminato tra noi? Purtroppo, nella pochezza che sta caratterizzando una larga fetta dell’informazione, e in essa dell’informazione del servizio pubblico, coi responsabili esclusivamente preoccupati della difesa delle proprie posizioni, sta passando una erronea,”prudente” e distorta lettura della Carta di Treviso che fu pensata e scritta a tutela e difesa dei minori. “Quella carta – mi ricorda un’amica che quella guerra ha saputo raccontare, senza l’ipocrisia del velo – chiede di tutelare i minori, non di opacizzare la dimensione della loro sofferenza nelle guerre”. Ecco, allora, che la lettura di quella Carta da parte del TG1 delle 20 di una domenica vigilia di nuovo lockdown, appare, come dire, primitiva. Primitiva, penso, come poteva essere la comprensione delle cose dette a Giufà, personaggio che ricorre in diverse culture del Mediterraneo, anche in quella siriana, credo. Giufà era un sempliciotto, che interpretava da sempliciotto le cose che gli venivano dette.
Diciamolo anche ai nostri sempliciotti: i bambini che vanno difesi sono quelli che cadono nel pozzo degli orrori delle nostre cronache quotidiane, quelli che rischiano di finire preda di lasciva curiosità, anche del peggior giornalismo. A Treviso non si pensò mai di censurare la guerra e gli orrori della guerra, di censurare chi nelle guerre è sempre stato il miglior testimone, la denuncia più aspra. Ragionando come ha fatto il TG1 quante drammatiche icone avremmo cancellato alla Storia? Dai bambini che escono dai lager mostrando il numeretto sul polso, alla bambina nuda e ustionata dall’atomica, dai bambini vietnamiti a quelli salvati dalle macerie dei terremoti che hanno inciso profonde cicatrici anche nel nostro Paese. E poi, anche gli occhi delle nuove piccole povertà, occhi dei giorni nostri, che per fortuna trovano ancora altri occhi attenti, una macchina fotografica e una telecamera che sanno raccontare. Senza paura e paraventi.