di Enrico Montalbano
Decima sequenza di questo “film smontato”. Porticello è una metafora: uno di quei luoghi in cui la trama è un flusso di scrittura costante senza inizio e fine, da cui prendere una parte e portarsela via. Così alcuni anni fa mentre costruiamo il puzzle per un documentario, ci troviamo catapultati in una giornata in cui la sceneggiatura ci ha preceduti, vive già di vita propria, fottendosene allegramente delle nostra idea precisa in mente. Allora succede che tutte le domande, i piani, le convinzioni saltano, non sono più necessarie, o almeno subiscono un continuo sovvertimento.
La regia la fa il luogo e le persone che a turno si dirigono e recitano al tempo stesso. Non resta che osservare e riprendere. E’ un tempo fatto di scene, di piani sequenza, di primi piani. Tutti sanno come ci si deve comportare in questo set, nessuno guarda in camera, tutti sono calati nella realtà che mostrano senza finzione. Certo si potrebbe obiettare che la realtà non è altro che una delle diverse facce della finzione, che i pesci pescati, vittime di questa eterna lotta tra uomini e mare, tra vita e morte, nel gioco della sopravvivenza, siano necessari nella composizione estetica e nella costruzione narrativa che costituisce il montaggio di questa lunga pellicola su cui continuamente scorriamo. Una partita a carte non è solo un gioco, e questo potrebbe essere un documentario.
La Sicilia è un luogo così infinitamente narrabile, che alla fine è impossibile narrarla, e quindi montare una trama. Partire da dove, dunque? Non c’è inizio e fine. Un film smontato è la strada da percorrere… Una playlist su youtube, che porta lo stesso titolo di queso “film smontato”, raccoglierà spezzoni, sequenze di diversa lunghezza e tematica. Un viaggio filmico iniziato da anni, che come un treno corre lungo una strada, ma qui non si sa (almeno al momento) dove porta, dove arriva…