A Parco Icori alle nove di mattina. Ci siamo soltanto noi che facciamo le riprese, Lia Rocco con un amico, Giovanni e Flavio con due ragazzi che li accompagnano. Fa già caldo, ma all’ ombra del cavalcavia ricoperto di rampicante si sta bene.
Prima la voce e la chitarra di Flavio, poi la voce di Giovanni Volpe che legge Vittorini.
Dall’alto il drone di Amedeo Burgio mostra ciò che non vediamo, che finora la città non ha voluto vedere, mentre sotto il rampicante e fra i graffiti le parole di Vitttorini spiegano ciò che gli uomini non capiscono, che non vogliono capire. Dieci minuti di rara intensità.
Parco Icori è rimasto finora separato dalla città, rifiutato dai suoi abitanti. Giovanni Volpe, tutti gli artisti che si sono recati al Parco e tutti quelli che continueranno a farlo nelle prossime settimane, sembrano chiederci il perchè.
Se anche il Parco dovesse andare definitivamente in malora, questi tempi sospesi che gli artisti del territorio stanno offrendo alla città, fra l’abbandono e la magnificenza, fra la realtà e la possibilità, rimangono la testimonianza di un’occasione, forse l’ultima.