di Nuccio Dispenza
“Prendi questi semi di girasole, mettili nelle tasche. Cresceranno nella nostra terra quando tu sarai morto e seppellito” . Ci sono immagini che hanno fatto e fanno la storia. Ed anche parole, come queste, non solo quelle declamate dai potenti. Parole potenti come se arrivassero da lontano, da un tribunale dei giusti più che dalla bocca di una donna fragile, come di un uomo ferito o di un fragilissimo vecchio, di un bambino innocente.
“Prendi questi semi, mettili in tasca, quando sarai morto faranno crescere girasoli nella nostra terra”. La frase, trasportata dai social, ha fatto il giro del mondo. Pronunciata da una donna che senza alcun timore – l’abbiamo vista – affronta un soldato russo in armi. La frase appare poesia, sono versi violenti e con radici profonde. Nella storia del popolo, nella storia familiare della donna.
La scena è stata ripresa ad un incrocio. Il soldato russo è di pattuglia, la zona è quella di Cherson, Ucraina meridionale, non distante c’è l’estuario del fiume Dnepr, a pochi chilometri c’è Sebastopoli.
Cherson conosce bene violenze, invasioni e sopraffazioni. Senza andare tanto indietro nella storia, nel 1905, al tempo della rivoluzione russa, ecco il primo progrom contro gli ebrei, che sono un terzo della popolazione. Nel’18, ecco le truppe tedesche, mentre infuria la guerra civile. Poi arriva un contingente franco-greco contro i filo bolscevici, quindi è la volta dell’Armata Bianca, e un secondo progrom, una seconda persecuzione a danno degli ebrei. Arriva la seconda guerra mondiale, arrivano i tedeschi che qui firmano una crudele strage di ebrei. Così, fino alla liberazione da parte dell’Armata Rossa. Il destino ha riportato qui l’Armata Rossa, ma questa volta è diverso, questa è un’altra storia.
Parafrasando Iosif Brodkij e ricordando una sua poesia, il cingolato lascia tracce, quindi è inverno. Fa freddo, la donna, stretta dentro un pesante impermeabile, si piazza davanti al giovane soldato, tanto più alto di lei. Parlano la stessa lingua: “Chi sei? Che cazzo ci fate qui? Questa è la mia terra, siete invasori, nemici, fascisti!”.
“Abbiamo una missione…”, prova a replicare il ragazzo. Da Putin ha sentito che si partiva per liberare l’Ucraina dai nazisti. Ed ora si sentiva dare del fascista dalla donna coi semi di girasole sul palmo della mano.Non sapremo nient’altro di quella donna, un video e i social l’hanno passata nelle mani della Storia. In attesa di conoscere la fine di questo capitolo, la donna scompare. Di lei non sapremo più niente.
Ecco, io avrei voluto essere là – come cantava Luigi Tenco – e avrei voluto ritrovare quella donna, parlarle mentre si procura con difficoltà da mangiare, camminare al suo fianco fino a casa per sedermi al tavolo della sua cucina, chiederle di raccontarsi, di raccontarmi. O essere con lei dentro un rifugio, con altri. Con bambini, come quel bambino che la tv ha portato nelle nostre case, che ci dice di aver paura di morire: lo dice piangendo, con in testa un cappello di lana che si stringe sotto il mento: con le lacrime, e con il labbro “a cucchiaino”, come ci dicevano le nonne quando ci vedevano piangere..
L’avrei cercata quella donna per sapere di quei semi e di quei versi violenti sputati in viso al giovane soldato, colpevole di avere a Mosca uno zar con evidenti segni di turbe della psiche e della personalità, con i segni di quella follia che alla fine si impossessa sempre dei dittatori. Come insegna la Storia.
Nell’attesa, restano le parole della donna, forse parole già usate dalla madre o dalla nonna, per altri invasori.
Ieri come oggi, qui il girasole è tanto, per molte famiglie tutto. Simbolo del Paese, ma non solo. Girasole e Ucraina sono un tutt’uno, il Paese esporta più del 50 per cento dell’olio di girasole commercializzato nel pianeta. Caricato nei porti di Mariupol e della splendida Odessa, raggiunge i mercati di ogni angolo del mondo. Ora i porti sono fermi, sono diventati obiettivo militare, l’olio di girasole resta fermo nei depositi, il suo prezzo nel mondo è già alle stelle. C’è la guerra, e la paura è che dopo, nel terreno bruciato dalla guerra, il girasole possa stentare a crescere.