di Tano Siracusa
Ci stiamo abituando a una realtà parallela, un incubo di distruzioni, rovine e massacri, oscillando fra un oscuro senso di colpa e la remota paura di svegliarci dentro quell’incubo.
Gli eroi e gli orchi, i grandi criminali e i santi, per chi è nato dopo la guerra mondiale sono sempre stati altrove, sui libri di storia, nei film, alla tv, su internet, in quel mondo parallelo alla realtà dei nostri corpi ragionevolmente al sicuro oggi dall’accanimento criminale di un Putin, dal terrore dei bombardamenti, da quell’insensato macello. Al sicuro, crediamo, da una minaccia nucleare che convertirebbe l’irrealtà di un possibile, troppo cinematografico finale, nella realtà della fine.
Siamo al di qua del confine fra le immagini e la realtà dei nostri corpi, il confine dove l’irrealtà delle immagini si costruisce sotto le bombe, fra le vittime, rischiando il proprio corpo.
Ci stiamo abituando alle interferenze continue di quell’incubo nelle nostre giornate fatte delle solite cose, le abitudini, gli amici, le passeggiate, la nuova camera fotografica da provare, le bollette da pagare, le nuvole veloci di Marzo, la pena per una persona cara che sta male, il secondo, il terzo caffè al bar, la noia. E poi all’improvviso quelle immagini assurde e la confusa sensazione di un senso di colpa irrimediabile: ci stiamo abituando anche a questa interferenza.