di Nuccio Dispenza
L’Isolotto, a Firenze, non è solo un quartiere. E’ storia di impegno civile e democratico, storia operaia, storia di impresa, una pagina importante dell’impegno politico cattolico.
Era il 1954 e Giorgio La Pira, sindaco, consegnava le chiavi delle case INA a mille famiglie. Periferia, sulla Pisana, un tempo orti e campi, poi stabilimenti industriali, soprattutto fonderie e officine, col tempo chiuse. Un pò in rilievo sul lato sinistro dell’Arno, di fronte alle Cascine. L’essere un pò alto rispetto al corso del fiume salvò il quartiere dall’alluvione.
Urbanisticamente, agli inizi, ma soprattutto nei decenni successivi, L’Isolotto raccolse critiche e dubbi. Più recentemente è stato rivalutato per l’interpretazione dello spazio che ebbero gli urbanisti dell’epoca. Erano tempi in cui le case popolari, la loro progettazione aveva un’idea “politica”, democratica, direi “progressista”. Alla fine degli anni Sessanta, studenti a Firenze, eravamo attratti da quella realtà sociale e politica. Ci si andava per respirarne l’aria, erano anni che avevano bisogno di quell’aria.
Perchè sono venuto, seppure idealmente, all’Isolotto di Firenze? Per una cronaca rimasta nelle pagine locali, esclusa qualche apparizione in Rete. Una piccola storia, direi anche brutta, ma a metà, vissuta con civiltà da chi si è ritrovato al centro della storia. Storia piccola ma ulteriore rappresentazione di un processo di intolleranza diffusa che sembra inarrestabile, anche di fronte all’espressione di sentimenti intimi e legittimi che invece meriterebbero rispetto, se non partecipazione.
All’Isolotto abita con la sua famiglia Tony Vadalà. Da qualche anno in famiglia manca Gabry. Sono tre anni che non c’è più, da quella sera del 7 luglio del 2019 quando, in sella ad uno scooter, avuto in prestato per un giro dell’isolato, Gabry perde il controllo, sbanda, cade e muore. Aveva 15 anni.
Gabry fin da bambino amava i fuochi d’artificio, Tony se ne ricorda il primo anniversario di quel tragico 7 luglio. Pensa allora di ricordare il figlio organizzando per la sera un fuoco d’artificio nell’isolato, un paio di minuti, in compagnia degli amici del figlio, che lo festeggiano come se Gabry ci fosse, pure con una bottiglia di spumante e un coro, quello che si intona ai compleanni. Solo due minuti, ma la gente non sopporta, viene chiamata la polizia. Quando la polizia arriva e capisce il senso di quei fuochi, si unisce al ricordo di genitori, fratelli e amici di Gabry.
Così questi altri 7 luglio, così pure l’altro ieri: “I fuochi d’artificio stasera li ho fatti io… Gabry amava i fuochi, oggi sono tre anni che è volato in paradiso”, ha scritto sui social Tony Vadalà. Impietosi e crudeli i commenti. “Addirittura hanno scritto che ho soldi da buttare via… Ho chiesto scusa per il disagio…”.
Scuse per quei due minuti la sera di ogni 7 di luglio, quando tutti, invece, avrebbero dovuto alzare gli occhi al cielo per una riflessione comune sulla vita, e sul valore della vita. Mai tanto utile come in questi giorni.
Veronica, la mamma di Gabry, al livore, alle cattiverie e alle proteste risponde con compostezza: “Che Dio vi benedica sempre, che Dio colmi i vostri cuori di amore e non di cattiverie”.
“Ci sono persone a cui i fuochi danno noia – dice Tony – lo so, e mi scuso, ma io continuerò a farli sempre, ogni 7 luglio, sempre alle dieci”.
Alle dieci, come quella sera, quando Veronica, Tony il fratello maggiore e la sorellina aspettavano il rientro di Gabry… Fortunatamente, non solo proteste, cattiverie e intolleranza.
C’è chi ha capito fin dal primo anno, chi sa che il 7 di luglio nel quartiere si tornerà a ricordare quel ragazzo che amava tanto il Napoli. Sulla pagina Facebook di Tony Vadalà, Gabry continua a vivere, ora sorride in famiglia, ora indossa la maglia che fu di Maradona. Il cognome, la passione per il Napoli, la stessa passione per i fuochi d’artificio suggeriscono l’origine della famiglia.
Per Gabry, non solo fuochi. Tony ha dato vita ad una associazione per aiutare i ragazzi in difficoltà del quartiere. Questa estate ha preso in gestione una friggitoria dove a turno vanno a lavorare i ragazzi che si sono avvicinati all’associazione. Adesso pensano di prendersi cura del verde, dei giardini dell’Isolotto. Questi ed altri piccoli progetti perchè Tony non si ferma certo per qualche duro commento, lui va avanti, il 7 luglio del 2023 sarà di nuovo festa. “Io a volte a questi commenti rispondo con dei cuoricini. Che altro dovrei fare? Quando ti succedono queste cose – dice – o diventi cattivo o cerchi di aiutare gli altri. In qualche modo devo sopravvivere”.
All’Isolotto in via degli Aceri 1, è sempre attiva la Comunità di base, testimonia l’impegno civile, laico e cristiano, di questo quartiere. “Siamo uno spazio di libertà, un posto di confine dove diversità si incontrano e si intrecciano”.
Qui Tony è di casa, vive con questo spirito, a buon diritto è uno dell’Isolotto, è l’intolleranza ad essere abusiva, non gradita.