di Salvatore Titoni
Questo lavoro di Salvo Titoni si è classificato secondo ex equo alle letture portfolio durante il Trapaniphoto 2022 organizzato dall’associazione “I colori della vita” di Trapani. Già vincitore in una precedente edizione con un lavoro pubblicato anche su questa testata, Titoni conferma una sensibilità fotografica che assorbe e distilla anche il vissuto più profondo e intimo. Un viaggio fra presente e passato, con una domanda sospesa e la risposta cercata nelle fotografie del suo primo anno di vita. Non è facile trovare nel rumore di tanta fotografia contemporanea, questo silenzioso equilibrio di azzardo e pudore. (Tano Siracusa)
Questo progetto è nato, e non me ne vergogno a dirlo, durante il mio percorso terapeutico. Ho dovuto ricorrere ad un professionista a causa della fine di una storia sentimentale.
Un percorso terapeutico percorre tante vie, il mio ha percorso anche la strada dell’inizio della mia vita.
Si cerca di mettere ordine, si cerca di darsi delle risposte, si cerca di mettere i tasselli al posto giusto (come li ho definiti io stesso), resettare il cervello e renderlo più chiaro a noi stessi. Ecco, questo progetto ha messo “un tassello”, ho voluto indagare e chiedermi io stesso perché fossi nato a casa di mia nonna (e non come tutti i miei coetanei a Erice in ospedale). Mi sono voluto dare io stesso la risposta alla continua domanda: “come mai sei nato a Trapani?”, che mi ha seguito per anni, soprattutto durante gli anni di studio. Spero che questo progetto, così personale, trasmetta i momenti di gioia che ogni famiglia riceve dal dono della vita, con un tocco di sicilianità.
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“Mi dica dove è nato.”
“A Trapani, il 25.09.1980.”
“…e come mai a Trapani?”
Da sempre mi sono sentito fare questa domanda perché per noi trapanesi è normale nascere a Erice, comune sotto il quale si trova l’ospedale della zona. E da sempre, ogni volta che passo con i miei genitori in Via Orfanotrofio 1, nel pieno centro storico di Trapani, mia madre mi dice: “Figghio mio, tu nascisti drocu, ‘ncasa da nonna Titì” (figlio mio, tu sei nato lì, a casa della nonna Caterina).
A più di 40 anni da quel 25 settembre, ho voluto indagare sul perché fossi nato a casa di mia nonna e non – come i miei coetanei – in ospedale e quindi a Erice. Ho iniziato a fare domande a mia madre sul perché avesse scelto di farmi nascere in casa, ma lei non ha mai capito il senso di questo mio chiedere, perché per la mia famiglia nascere a casa è sempre stata la normalità, l’ospedale non è mai stato preso in considerazione.
“E chi ti ha aiutato?” – ho chiesto.
“Conoscevamo una levatrice che veniva direttamente a casa, una certa Gina, alla quale poi facevamo un regalino.” – ha risposto mia madre.
Non mi è chiaro cosa spinga una madre a scegliere di partorire a casa; forse quel luogo – meno asettico e anonimo di una sala parto, più familiare e intimo – rende quell’atto più naturale.
Nel tentativo di comprendere le motivazioni di questa scelta, ho deciso di ripescare tra le foto di famiglia gli scatti che furono fatti a qualche ora dalla mia nascita. E ho sentito anche il bisogno di riscoprire quel luogo: seppur disabitata, priva di ogni presenza umana, tornare in quella casa è stato per me un susseguirsi di ricordi e un tributo alle emozioni più intime. Tutto era immobile, abbandonato, ma a me è sembrato che fosse lì ad aspettarmi per essere fotografato: il luogo in cui era nato mi ha restituito tutto ciò che da qualche tempo cerco di esprimere con la fotografia: la famiglia e la sicilianità.
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