“Il comunismo è pane e rose, il necessario e il superfluo, una società dove si mangia meglio e di più (non solo pane), dove si lavora meglio e di meno, ma anche una società dove si è più felici, realizzati, liberi”
(Karl Marx).
L’idea marxiana sul connubio tra necessario e superfluo non ebbe molta fortuna tra i movimenti operai dell’800, ma venne ripresa all’inizio del secolo scorso dalla sindacalista femminista americana della “New York Women’s Trade Union League” Rose Schneiderman, impegnata contro la scarsa sicurezza dei luoghi di lavoro e protagonista del successo del referendum dello stato di New York che nel 1917 conferì alle donne il diritto di voto. Alla Schneiderman è attribuita la frase We want bread and roses too “Vogliamo il pane, ma anche le rose”. Quello che un lavoratore vuole è il diritto di vivere, non semplicemente di esistere. Il diritto alla vita come ce l’hanno i ricchi. Il diritto al sole, alla musica, all’arte.
Da allora quello slogan è diventato la parola d’ordine di tutti i movimenti e le rivendicazioni che non vogliono limitarsi ai soli benefici economici, ma aspirano a perseguire un’idea di società che punti alla realizzazione dell’individuo, alla sua assoluta libertà e, in buona sintesi, alla felicità di ogni essere umano.
Nello spirito delle parole di Rose Schneiderman, è nato a Palermo il “Movimento per il pane e le rose”, lanciato ed animato da due intellettuali impegnati nell’attività politica: Ottavio Navarra (ex parlamentare nazionale ed ex deputato regionale ed oggi creatore e direttore della casa editrice Navarra) e Valentina Chinnici (espressione dei movimenti civici e da poco deputato regionale più votato nella lista del PD, consigliere comunale di Palermo, protagonista di primo piano dell’esperienza amministrativa della giunta Orlando, docente e dirigente del CIDI).
Il Movimento è stato costituito formalmente in questi giorni (è in corso la campagna di adesione), ma ha avuto anche un’interessante anteprima durante l’ultima campagna elettorale, quando ha chiamato i diversi esponenti del mondo progressista a discutere le loro scelte programmatiche. Un incontro diverso dai soliti comizi elettorali e in cui si è potuto apprezzare lo slancio ideale, la competenza, l’entusiasmo, la concretezza progettuale di diverse personalità del variegato mondo della sinistra, con una sostanziale sovrapposizione delle principali proposte politiche: dai temi sociali alla transizione ecologica; dal rafforzamento dei servizi pubblici, scuola e sanità in primis, alla lotta alla mafia; dalle politiche migratorie, alla difesa dei diritti delle persone; dallo spirito europeista alla collocazione internazionale del nostro paese; dalla difesa delle istituzioni democratiche, contro il rischio di involuzioni autoritarie, alla democrazia partecipata. Proposte nel loro insieme molto diverse dal programma di governo della destra. Insomma, si è vista una classe politica bella e orgogliosa che pensa, ragiona e si appassiona alla politica.
A questa soddisfazione, però, segue subito la malinconia per ciò che avrebbe potuto essere ma non è stato. Questo fronte progressista, se fosse andato unito alle elezioni, avrebbe avuto solide chance di vincere e di cambiare in meglio il nostro paese. Invece, si è inspiegabilmente diviso, anche contro i desideri del popolo che dovrebbe rappresentare, determinando le condizioni ideali per una vittoria schiacciante e pericolosa della destra italiana, tra le peggiori in Europa.
Il manifesto fondativo del Movimento per il pane e le rose definisce accuratamente l’identità del soggetto collettivo che si va costruire. Un movimento democratico, antifascista, antiliberista, antimafia, aperto e in grado di sviluppare, attraverso gli strumenti della democrazia partecipativa, una capacità di cambiamento politico e sociale attraverso il lavoro nei territori e la costruzione di una rete con altri soggetti organizzati.
Tra i tanti impegni programmatici, si legge nell’atto costitutivo: “aspiriamo ad essere una comunità inclusiva che dia spazio alle storie e ai percorsi di ciascuno. Vogliamo costruire un mediterraneo di pace, luogo di accoglienza e di solidarietà e di proficua convivenza multiculturale. Affermiamo il valore di un nuovo umanesimo e di un nuovo internazionalismo capace di costruire fratellanza e solidarietà, per contrastare tutte le forme di diseguaglianza.
Ci impegniamo a sostenere il diritto al sogno e alla poesia, strumenti capaci di costruire visioni e di fornire chiavi educative.”
La costituzione del nuovo movimento è senz’altro una buona notizia, in contrasto con la tendenza alla desertificazione dei luoghi della buona politica. Per la storia e il ruolo politico delle persone che lo hanno promosso e per le numerose adesioni, il Movimento per il pane e le rose potrebbe anche avere l’ambizione a non limitarsi a promuovere o aderire ad alcune meritorie iniziative, ma aspirare a costituire uno spazio di incontro di persone, associazioni e partiti che vogliono partecipare al processo di rigenerazione della sinistra: della sua visione ideale, della sua agenda programmatica, delle sue regole partecipative, della sua pratica politica. Un esempio, in questo senso, è stato proprio il confronto elettorale promosso tra le diverse (e ahinoi divise) componenti del mondo progressista. Un mondo troppo frammentato e rissoso, negli ultimi anni più aduso a creare steccati piuttosto che legami tra le sue varie anime e quindi bisognoso di ponti e di luoghi, fisici e ideali, da condividere.
In fondo, nella sua essenza, la politica, per come dovrebbe intenderla la sinistra, si muove su un binario: da un lato il realismo che incarna l’arte del governare e da concretezza al possibile; dall’altro l’utopia che si staglia all’orizzonte del desiderabile e tocca le corde più profonde dell’animo umano.
Il pane e le rose, appunto.
Mentre marciamo nella bellezza del giorno
(Brend and Roses – James Oppenheim – 1911)
d’un tratto lo splendore del sole illumina
un milione di cucine buie e mille fabbriche grigie,
perché la gente ci sente gridare “Pane e rose! Pane e rose!”
Mentre marciamo lottiamo anche per gli uomini
perché sono i figli delle donne e noi le loro madri.
Le nostre vite non conosceranno solo la fatica dalla nascita fino alla morte,
anche i cuori sono affamati, dateci il pane ma dateci anche le rose!
Mentre marciamo, innumerevoli donne morte
rivendicano il pane attraverso il nostro canto.
I loro spiriti consumati sapevano ben poco di arte, amore e bellezza
Si, noi lottiamo per il pane, ma lottiamo anche per le rose!
Mentre marciamo portiamo con noi giorni grandiosi
La rivolta delle donne è la rivolta di tutti.
In dieci faticano per il benessere di uno soltanto: non ci sarà mai più chi fatica quando c’è chi ozia,
bensì condividiamo le glorie della vita: pane e rose! Pane e rose!