Divisa, polemica al suo interno, elettoralmente in minoranza, tuttavia della sinistra c’è bisogno, anche e soprattutto in Sicilia. Se la difesa del mercato e del profitto costituiscono le fondamenta della destra, con le conseguenti politiche liberiste e il loro carico di competizione e di egoismi individuali, la sinistra è il luogo dell’inclusione, del plurale, della condivisone, della partecipazione. La sinistra non è la sommatoria di tante individualità, ma ciò che appartiene a tutti, a partire dai “beni comuni” che attengono alla ricchezza collettiva, siano essi beni materiali come l’ambiente, l’acqua, l’aria, il territorio, il patrimonio artistico o immateriali come i diritti, i saperi, l’arte e la cultura.
E in questa contemporaneità piena di crisi epocali – il riscaldamento globale, la pandemia, le migrazioni, le nuove povertà, le guerre -in cui la ricchezza sovrabbonda e la povertà dilaga, con l’1% più ricco della popolazione che detiene circa il 50% della ricchezza mondiale, mentre 3,8 miliardi di abitanti hanno accesso solo a meno dell’1% delle risorse, la sinistra con le sue istanze di giustizia sociale è indispensabile per elaborale soluzioni compatibili con le risorse ambientali del nostro pianeta, per modificare gli stili e la qualità della vita delle persone, garantendo uno sviluppo più ordinato e dignitoso per tutti.
Oggi il Partito Democratico siciliano, dopo le disastrose esperienze di governo con la giunta Di Raffaele Lombardo prima e Rosario Crocetta poi e con una presenza poco incisiva nell’ultima legislatura guidata dal governo di Nello Musumeci, è ai livelli minimi, sia in termini di capacità politica che di consensi. Un partito lontano dal compito storico che l’attende. In Sicilia i capibastone e le correnti hanno costruito un partitino asfittico, con una partecipazione sempre più striminzita, sempre più lontano dal suo popolo di riferimento, ma ritagliato a pennello sulle loro esigenze di carriera politica.
Ma la rinascita del PD è necessaria e dovrebbe essere valutata positivamente anche da coloro che, schierati a sinistra, non hanno intenzione di prendere la tessera del partito.
C’è bisogno di un’aggregazione forte, di massa, in grado di difendere la democrazia da una destra che va sempre più verso una deriva autoritaria, razzista, anti europeista, affascinata dai simboli e dalle parole d’ordine del ventennio fascista.
C’è bisogno di una forza che unisca il paese superando il divario di infrastrutture, servizi e opportunità di lavoro del mezzogiorno. Altro che autonomia differenziata che allarga le differenze ed esalta gli egoismi localistici.
C’è bisogno di una lotta serrata alle organizzazioni mafiose e a quell’area grigia, purtroppo sempre più estesa, in cui mafia affari e politica si incontrano.
C’è bisogno in Sicilia di un cambio di passo, di una presenza attiva nei territori, della valorizzazione delle tante esperienze civiche che sono cresciute in questi anni, della definizione di un programma di governo chiaro che recepisca le novità che emergeranno nel dibattito costituente, senza alcun ammiccamento a settori del centrodestra, com’è purtroppo avvenuto nel corso dell’ultima campagna elettorale regionale.
Questo sarà possibile se si seguirà una strada alternativa nel concepire l’agire politico, che non può esaurirsi nella delega elettorale, ma deve fondarsi su un’ampia partecipazione della società civile, in un rapporto di costante confronto, ascolto e verifica tra istituzioni, partiti, associazioni, movimenti e singoli cittadini.
È il percorso auspicato anche da tanti compagni che non svolgono più politica attiva nelle sezioni (oramai quasi tutte chiuse e trasformate in comitati elettorali dei vari deputati e dirigenti), ma si impegnano nei movimenti per i beni comuni, nelle associazioni ambientaliste, nei circoli culturali: tanti ex militanti appartenenti al vasto arcipelago del popolo della sinistra, che costituiscono un grande patrimonio di esperienza e di passione politica da recuperare e valorizzare appieno nelle file del partito democratico.
È bene ribadire che c’è bisogno non di una piccola casa per orfani di tante vicende politiche diverse, alle prese con una endemica litigiosità per la gestione di pezzi di potere, ma di una grande comunità.
Occorre archiviare la stagione del liberismo a tutti i costi (portato avanti anche dai governi regionali con la presenza del Partito Democratico), che tanti guasti ha prodotto nella sanità siciliana e negli altri servizi pubblici, e far sì che il riformismo di sinistra torni ad esercitate una forte egemonia culturale, per una nuova sinistra che, partendo dai valori fondanti dell’antifascismo, della difesa della libertà e della democrazia, della giustizia sociale, costruisca un’alternativa politica che abbia come obiettivi primari: la redistribuzione del reddito e della ricchezza; la liberazione del lavoro dallo sfruttamento e dalla precarietà; la tutela i beni comuni e dell’ambiente, per assicurane a tutti la fruizione.
Per riaffermare e ampliare i diritti sociali e civili, intesi non solo come momento di emancipazione individuale, ma anche come strumento di crescita collettiva. Per pensare e costruire un mondo pacificato. Per invertire la tendenza che vede sempre più la Sicilia come una grande piattaforma militare del mediterraneo e trasformarla, com’è sempre stata nella sua storia millenaria, in una grande porta d’ingresso dell’occidente, un crocevia di popoli e culture diverse, accogliente verso i disperati del terzo mondo.
Se il Partito Democratico, rispettoso del suo manifesto costitutivo, vuol essere un tentativo serio di dare voce e rappresentanza agli ultimi, in Sicilia, dove prospera la malapianta mafiosa, dove disuguaglianze economiche, povertà, precarietà e mancanza di lavoro, inefficienza dei servizi pubblici e disagio sociale sono ai massimi livelli, può trovare terreno fertile per attecchire più che altrove.
La Sicilia, peraltro, ha un pantheon ricco di personalità che hanno scritto pagine belle e significative della storia della sinistra italiana. Ne fanno parte uomini come:
Cesare Sessa, partigiano, tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia di cui fu membro del comitato centrale e senatore;
Francesco Lo Sardo, dirigente dei Fasci Siciliani e fondatore del Partito Socialista Italiano, fu poi il primo comunista siciliano ad accedere alla Camera dei deputati. Morto nelle galere fasciste;
I partigiani Pompeo Colajanni, Aldo Natoli, Riccardo Lombardi, Elio Vittorini, Salvatore Di Benedetto;
I dirigenti delle lotte contadine Girolamo Li Causi, Francesco Renda, Emanuele Macaluso;
I tanti sindacalisti morti nella lotta alla mafia per il riscatto dei lavoratori, tra cui: Giovanni Orcel, Lorenzo Panepinto, Bernardino Verro, Placido Rizzotto, Accursio Miraglia, Salvatore Carnevale;
Le figure istituzionali di Piersanti Mattarella e Pio La Torre.
Il congresso costituente del PD è una buona occasione perché anche in Sicilia si possa elaborare un progetto di cambiamento radicale, dando una solida veste organizzativa ad un’area diffusa di disagio e malcontento sociale, e rappresentando un riferimento ideale per chi crede ancora alla politica come progettualità ed agire collettivo per realizzare una visione condivisa del bene comune. Sarebbe paradossale che, là dove più ampio è il disagio sociale, proprio lì la sinistra democratica e progressista resti debole.
Affronterò con tanti compagni la battaglia del congresso costituente a fianco di Gianni Cuperlo, per costruire un partito forte e rinnovato nei programmi e nella pratica politica, che sia la base di partenza per un raggruppamento ampio ed aperto a molti contributi individuali e di gruppo, per un cammino collettivo inedito per la Sicilia che si nutra di un nuovo immaginario capace di farsi carico dei bisogni, ma anche dei desideri di chi vi abita.
Perché il fine della politica, visto dalla nostra ottica, è la felicità delle persone, di tutte le persone. Per dirla con Gaber: crediamo di poter essere vivi e felici solo se lo sono anche gli altri.