Qualche giorno fa ho deciso di fare una passeggiata da Santa Croce al parco dell’addolorata. Una zona ai margini della città, abbandonata, angolo di stoccaggio provvisorio (?) di spazzatura raccolta in città, piena di sterpi e sporcizia, con viali e sentieri dissestati, scalinate deformate, le strutture murarie precarie e i vari edifici in via di deterioramento sempre più marcato.
È possibile in queste condizioni assaporare un pezzo di città poco conosciuto e ancor meno frequentato, ma con un grande potenziale ricreativo e culturale?
La sfida è quella di superare la normalità triste del degrado e osservare quei posti con occhi diversi, per apprezzarne i pregi naturalistici e le strutture architettoniche realizzate, ma mai utilizzate, anche se capaci di ospitare eventi importanti ed inserite in un contesto paesaggistico straordinario.
Allora, nonostante lo stato precario dei luoghi, il parco appare un sito di grande fascino e bellezza, in grado di stimolare un immaginario fecondo, con un belvedere incantevole che si affaccia sulla valle dei templi e sul mare africano. Da questa prospettiva anche il ponte Morandi, con i suoi alti piloni, sembra quasi un meraviglioso elemento architettonico, un singolare filare di trampoli di cemento che si slanciano verso il cielo, esaltando il paesaggio della valle circostante.
Le meraviglie continuano con la visita dello spazio per le proiezioni cinematografiche e del teatro all’aperto, che può contenere fino a duemila spettatori, con una cavea che sovrasta la valle, offrendo all’ipotetico spettatore uno scenario impareggiabile. Immaginate cosa potrebbe rappresentare l’uso di questo teatro all’aperto, magari per riproporre ad Agrigento le rappresentazioni classiche, che in città mancano da decenni. Qualcuno ricorda la settimana teatrale delle Feste di Persefone o le Panatenee? Se poi si riuscisse a sviluppare una collaborazione con l’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa (ci aveva provato diversi anni fa l’assessore Massimo Muglia ma, dopo una stagione non molto felice, l’accordo non ebbe seguito) si potrebbero creare eventi teatrali di livello internazionale. Lo scenario della valle dei templi si presterebbe benissimo alla bisogna.
Andando in giro tra il verde spontaneo che solleva e spacca le costruzioni, si assapora un pezzo di città poco vissuto, ma con un grande potenziale naturalistico, ricreativo e culturale.
Proseguendo l’escursione oltre la cavea, dirigendosi verso la necropoli Pezzino, si incontra la ferrovia che da Agrigento arriva a Porto Empedocle, dopo aver effettuato la fermata nel parco della Valle dei Templi, di fronte al tempio di Vulcano e in prossimità del parco della Kolymbetra. Oggi, grazie all’impegno testardo di Pietro Fattori e alla sponda istituzionale offerta dal deputato Maria Iacono che presentò la legge sulle ferrovie turistiche, quella ferrovia e pienamente efficiente ed attiva, anche se utilizzata solo dai treni storici promossi dalla Fondazione delle Ferrovie dello Stato. Da poco, inoltre, è stato rinnovato l’armamento della linea per renderla più sicura e confortevole.
Nell’ipotesi di una rinascita del parco dell’Addolorata, la ferrovia si presterebbe facilmente ad un utilizzo più ampio come metropolitana di superficie. Si potrebbe collegare velocemente il porto della Marina, dove cominciano ad arrivare le grandi navi crociere, con il centro della città, passando per quattro grandi parchi: il parco letterario pirandelliano, il parco agricolo della Kolymbetra, il parco archeologico della Valle dei Templi e il parco naturalistico dell’Addolorata. Un poker d’assi formidabile, potremmo battezzala come la metropolitana dei quattro parchi. Sarebbe una grande infrastruttura utilissima per la mobilità ecosostenibile dell’area metropolitana, ma anche un’attrazione unica per un turismo colto ed esigente, che ricerca emozioni, fascino e bellezza e non semplicemente consumi standardizzati.
La zona dell’Addolorata ha anche un’altra prerogativa importante. È l’unica zona che mette in connessione diretta l’Akragas-Agrigentum greca e romana con la Kerkent-Girgenti araba e normanna. Dopo la follia edificatoria del secondo dopoguerra, con la costruzione dei tolli che hanno rappresentato una grave cesura nella continuità storica e urbanistica tra la città antica e la città medievale, il recupero della zona di Santa Croce e dell’Addolorata rappresenterebbe un promettente inizio nel ripristino di quella fondamentale connessione fisica e sentimentale tra i due insediamenti. Condizione imprescindibile, questa ricucitura, per un riequilibrio dell’armonia architettonica della città, che dovrebbe rappresentare il progetto più ambizioso del futuro prossimo di Agrigento.
La rigenerazione urbana di questa zona dovrebbe costituire una priorità per la città dei prossimi anni e la classe politica dovrebbe misurare il proprio valore con la capacità di elaborare progetti ed interventi concreti e non meri spot elettorali.
È noioso ricordarlo, ma gli amministratori che hanno a disposizione le somme ingenti del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), invece di limitarsi al piccolo cabotaggio, compiacendosi a sbandierare qualche piccolo progetto di ristrutturazione di edifici pubblici, dovrebbero puntare molto più in alto, per ridisegnare la città dei prossimi decenni.
La metropolitana di superficie (per la quale esiste già un progetto delle ferrovie dello stato) e il recupero del parco dell’Addolorata rientrano sicuramente tra le opere finanziabili.
Per intanto, in attesa di auspicabili interventi corposi che rendano agibili tutte le strutture del parco, al comune, chi di dovere si prenda la briga di sfrattare dalla zona il centro di parcheggio e scambio dei rifiuti, con il relativo percolato dal fetore insopportabile (se qualcuno dell’ASL si trovasse a passare nei paraggi, magari faccia un controllo).
Poi, doverosamente si dia una ripulita al parco, come fece il sindaco Marco Zambuto anni fa, ché almeno sia possibile visitarlo in sicurezza ed ammirarne le vedute paesaggistiche.