di Tano Siracusa
Nella foschia del tardo pomeriggio dalla prua della nave il profilo dell’isola appare grigio, sospeso fra mare e cielo.
L’isola è invece verde, chiazzata dai gialli e dai rossi, dai viola e blu di una vegetazione irrorata dall’umidità salmastra, un raso di efflorescenze sul nero profondo della pietra lavica scheggiata dal mare. Sotto la crosta rocciosa la terra è dura, le radici dei fichi d’india la sbriciolano, rendendola coltivabile. Fichi d’india a proteggere dal vento e preparare il terreno alla coltivazione dei capperi, delle lenticchie.
Poi, quando dirada la foschia, l’azzurro intenso del cielo è abbagliante. E’ il 25 aprile.
In paese larghe cornici rosse inquadrano le due finestre e la porta d’ingresso delle abitazioni. Il colore tradizionale e ancora dominante è il giallo, calcinato dal tempo o squillante negli intonaci nuovi. A contrasto, alcune case azzurre con cornici bianche o gialle attorno a porta e finestre.
Alle 18 la strada principale che porta allo scalo vecchio è deserta, il silenzio viene appena increspato dal fruscio del vento, dal ronzio di un motore che lo attraversa e lentamente vi sprofonda. In chiesa il parroco recita il rosario con tre signore, nell’ombra di una casa piena di quadri una donna e un gatto lasciano scorrere un tempo lento e circolare.
Sull’isola amano i colori accesi e i gatti.
Qui da anni i giornali non arrivano. Le storie di terraferma vengono raccontate sugli schermi dei televisori o su quelli dei cellulari, ma non sembrano interessare.
Il tempo di terraferma è un altro tempo, lontano, separato. Una minaccia, un miraggio, le sue folle in tumulto, le sue guerre, le sue città luminose e sconfinate che i giovani dell’isola prima o poi raggiungeranno.
Contro il sole al tramonto, le pale dei fichi d’india somigliano alle sagome di una folla diradata, imprigionata in un incantesimo, immobile, astratta. Sull’isola gli abitanti sfileranno poi in processione dietro il parroco, faranno festa tutti assieme durante la lunga estate, ma non saranno mai una folla.
Al tramonto comincia a sollevarsi un brusio di voci davanti all’unico bar aperto.
Seduti sui marciapiedi rialzati si parla del costo del trasporto in terraferma, di quanto tutto sull’isola sia più caro, del danno che fanno i conigli in campagna.Gli isolani preferiscono chinarsi sulla terra che arrischiare il mare. Nel buio i cellulari illuminano i volti abbronzati, le barbe di una settimana. Qualcuno dentro il locale brinda e si ride, c’è musica.