(M.C. Escher – Relatività)

 

L’espressione “esiste dunque un giudice a Berlino” viene attribuita comunemente ad un’opera di Bertold Brecht nella quale si fa riferimento alla storia di un mugnaio che lotta tenacemente, contro l’arroganza di un nobile e la corruzione dei giudici, per vedere riconosciuto un abuso a suo danno. 

La vicenda per prima viene narrata nel libro ll Regno di Federico di Prussia, detto il Grande, scritto nel 1880 da Enrico Broglio, politico e ministro del governo italiano.  Nell’opera si racconta la storia realmente accaduta del mugnaio Arnold di Sans-Souci, che lavorava in un mulino affittato alla sua famiglia da generazioni. Nel 1770 il Barone Von Gersdorf  per  costruirsi una peschiera deviò gran parte dell’acqua che alimentava il mulino. A causa di questo, il mulino non riuscì più a macinare il grano e il mugnaio a pagare l’affitto. Disperato, Arnold si rivolse ai giudici, ma essi erano stati corrotti e diedero ragione al barone. Il mugnaio decise, allora, di rivolgersi al giudice supremo, il sovrano Federico il Grande, recandosi a Berlino. Esaminando il caso, Federico diede ragione al mugnaio e incarcerò i giudici corrotti. 

A partire da questo fatto, l’espressione «ci sarà pure un giudice a Berlino» verrà usata per esprimere la speranza in una giustizia imparziale su cui possano contare tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro ricchezza e dal loro potere.   

(M.C. Escher – Sole e luna)

Questa vicenda mi sovviene guardando lo stato comatoso in cui versa da molto, troppo, tempo la giustizia agrigentina. Un osservatore appena appena attento alle vicende della nostra città difficilmente può capacitarsi di quell’impasto di confusione, inerzia, inefficienza che caratterizza l’amministrazione della giustizia nella nostra città.   

Da anni un personaggio pubblico come Peppe Arnone lancia accuse pesantissime, circostanziate e infamanti alla classe politica agrigentina e ai magistrati che, a suo dire, ne coprirebbero le malefatte (chi vuole sentirlo può accedere al suo account su youtube o al suo profilo facebook). Lo fa con uno stile aggressivo, condito di espressioni volgari che spesso depotenziano la portata dirompente delle sue rivelazioni e dei suoi ragionamenti. Ma l’uomo è così: informato, competente, coraggioso; ma anche spaccone, irascibile e triviale. Comunque, quello che rileva ai fini dell’interesse pubblico è la sua meticolosità nella esposizione dei fatti e la documentazione puntuale (delibere, sentenze, verbali, lettere, circolari) esibita nel presentare le sue denunce: sempre precise, mai allusive e ricche di nomi e cognomi. I suoi esposti non sono solo illustrati sui social, ma inviati puntualmente via PEC alla procura della repubblica e ad altre autorità interessate. Peppe Arnone non rileva pettegolezzi, dicerie o maldicenze, si occupa di fatti, anzi di reati gravi, gravissimi: corruzione, furti, appropriazione di denaro pubblico, omicidi, falso ideologico, associazione a delinquere di stampo mafioso o semplice, devastazione ambientale, abusi edilizi. Nell’esporre le sue denunce mette sul banco degli imputati, ripeto con nome e cognome, buona parte della classe dirigente locale: sindaco, deputati regionali e nazionali, dirigenti regionali, dirigenti comunali, funzionari di enti ed amministrazioni pubbliche, imprenditori, professionisti. Poi, non risparmia le forze di polizia e la procura della repubblica, puntando sia i magistrati attualmente titolari che quelli che vi hanno svolto le funzioni nel recente passato. Se anche una piccola parte di quello che denuncia Peppe Arnone dovesse corrispondere al vero, significherebbe che viviamo in una città stritolata dalle mani fameliche di una pericolosa banda di delinquenti: una sorta di super associazione malavitosa nella quale svolgono una funzione attiva politici, funzionari, imprenditori, mafiosi, massoni, magistrati, accompagnati da una corte numerosa di clienti e profittatori di vario genere. 

Comunque stiano le cose, Il quadro che ne viene fuori è devastante per due ragioni fondamentali. 

La prima riguarda il ruolo della magistratura. Ecco, vien da dire: c’è un giudice ad Agrigento?  Non è possibile che di fronte a denunce documentate di gravi reati, alcune delle quali riguardano proprio l’operato di diversi magistrati, non vi sia una precisa e celere verifica delle notitiae criminis. Da noi quasi sempre la magistratura ha la vista debole e si muove con molto ritardo e i processi importanti, quando iniziano, si concludono immancabilmente con la prescrizione. Prendiamo il caso dell’inchiesta sulle malefatte di Girgenti Acque, nella quale vengono contestati: assunzioni clientelari, associazione per delinquere, concorso esterno, abuso di ufficio e truffa. Dopo anni di denunce (la prima è del 2013 dello stesso amministratore delegato della società, che lascia la carica dopo aver evidenziato gravissimi illeciti) l’inchiesta ha una svolta solo con gli arresti del 2021 (a ben otto anni di distanza dalla denuncia pubblica dettagliata dell’AD della società, peraltro mai sentito dai magistrati – chissà perché questa dimenticanza). Ad oggi il processo non è ancora iniziato e, comunque, non approderà a nulla. Nonostante i gravi reati appurati nell’istruttoria, la lentezza dei magistrati inquirenti consentirà agli imputati di avvalersi agevolmente della prescrizione. I potenti, quando delinquono, in questa provincia sembra non debbano temere nulla. 

(M.C. Escher – Cielo e acqua)

La seconda ragione concerne il silenzio assordante della politica. Possibile che di fronte a questo quadro di illegalità diffusa ed estesa ai più alti livelli della responsabilità amministrativa, di fronte alla sostanziale impunità riconosciuta ai potenti, non ci sia in città un dibattito tra le forze politiche, neanche tra i partiti che formalmente stanno all’opposizione? Che i partiti, le associazioni, i sindacati, gli intellettuali – per il loro insostituibile ruolo di indirizzo dell’opinione pubblica – non si chiedano quale sia il livello di democrazia e legalità che esprime la nostra comunità? Nessuno tra i parlamentari della provincia ha l’interesse, la sensibilità e il coraggio di chiedere agli organi competenti un’approfondita indagine amministrativa e giudiziaria per comprendere bene quale sia lo stato effettivo in cui versano le istituzioni locali? I partiti hanno una funzione fondamentale, se rinunciano al loro ruolo di controllo delle istituzioni, si va verso un degrado sempre più preoccupante della qualità della nostra democrazia.  

La cosa più deprimente è sicuramente quella che appare come una vera e propria congiura del silenzio. In assenza di volontà di contrasto sul piano politico e giudiziario di fatti criminali di evidenza lampante, politici, amministratori e magistrati hanno deciso semplicemente di ignorarli. Pertanto, come nel caso del mugnaio Arnold, l’unica possibilità degli agrigentini onesti sembra essere quella di attivarsi per richiedere un intervento esterno è sovraordinato in grado di riportare la legalità in queste contrade.  

Un’ultima nota su Peppe Arnone. Non mi piace il suo modo di far politica, del quale da tempo non riesco più a decifrarne le coordinate; non mi piace il suo linguaggio, che trovo urticante; non mi piace il suo scadimento oratorio, il suo uso frequente e compiaciuto di termini e gesti volgari; ma gli va dato atto di avere molto coraggio. Per quello che ha fatto in passato e per quello che sta facendo, rischia seriamente la sua incolumità fisica. Il signor questore, in quanto responsabile dell’ordine pubblico, se non avesse ancora provveduto, dovrebbe mettere in atto tutte le misure idonee alla protezione della sua persona.