di Pepi Burgio
Se con gli oggetti si intrattiene una qualche forma di relazione “come se fossero esseri viventi”, avviene che si sublimano in cose e chiedono di essere ascoltate, di essere servite. Si sperimenta così una “partecipation mystique“. È come se le cose chiamassero e attendessero una risposta.
” Vedo per esempio che la lampada a olio é vuota e vuole essere riempita. La legna vuole essere tagliata e accatastata, la pietra dev’essere sgrossata, tutte faccende del genere. Così trascorre il giorno, con un gran numero di simili richieste che le cose mi comunicano. Sono sempre in attesa di una chiamata: quale sarà la prossima? Anche lo scrivere mi giunge come una richiesta. Un foglio dice: ‘voglio essere scritto’, e in quel momento – e in quel momento soltanto – mi ritrovo la giusta disposizione e riesco a scrivere”.
Così nell’ottobre del 1957 uno psichiatra svizzero, Carl Gustav Jung. Lo stesso che in altri momenti affermerà: anche la libido, impercettibilmente, si spiritualizza.
Quale norma degli uomini può arrogarsi la proibizione del bacio e dell’abbraccio di una cosa, di una statua che gronda di dolore e speranza fra le sue pieghe e nei suoi anfratti, da un tempo immemorabile, affetto e gratitudine. E fiducia, per quanti nell’avvilimento e nello sconforto, traboccano nell’adorazione del santo “ciò che non si è, ciò che non si ha”. E ancora che dire di quell’altra sconsiderata interdizione, anni fa, che ha soffocato, come effetto, il protendere con fervore gotico le braccia al cielo e racogliere in petto o tra le mani quel pane proveniente dall’alto, reiterando in maniera simbolica il mistero della prossimità del divino all’umano, del Verbo che si fa carne e abita fra noi.
È singolare che l’unico monoteismo fondato sul sacrificio di un Dio che per amore dell’uomo precipita nella storia e muore inchiodato a una croce, spesso si sprechi in una forma religiosa disincarnata, esangue, priva di forza espressiva.
Che resta allora, oltre ai volti mortificati e sbalorditi dei devoti che hanno assistito ad una sorta di prova generale di una prossima soluzione finale del problema della eversiva religiosità popolare; certo da porre in relazione all’esigenza di assicurare il mantenimento dell’ordine pubbliico dall’eventualità che esso venga turbato da soggetti inclini alla violenza e alla sopraffazione?
Resta che ancora una volta la non-ragione ha vinto.