“Mi sono sempre immaginato il paradiso come una specie di biblioteca.”
Jorge Luis Borges
A margine della lettura del testamento di Silvio Berlusconi, che lascia un legato rilevante a favore dell’amico Marcello Dell’Utri (30 milioni di euro), abbiamo appreso, dalle dichiarazioni di quest’ultimo, della volontà di realizzare una biblioteca nella Valle dei Templi di Agrigento. Dichiara l’ex senatore in un’intervista alla Stampa di Torino: “Sto costituendo una grande biblioteca siciliana nella Valle dei Templi. Sarà il mio dono e anche quello del mio amico Silvio per Agrigento Capitale della Cultura 2025. Sarà pronta per quella data e quando l’inaugureremo sarà un bell’evento”.
La notizia non è stata commentata dall’ente Parco della Valle dei Templi, pertanto, in mancanza di informazioni più precise, che potrebbero essere contenute in un protocollo d’intesa tra l’amministrazione dei beni culturali e l’ex senatore, cerchiamo con le poche notizie disponibili di individuare meglio i contorni della vicenda e le sue implicazioni politiche e culturali.
La prima notizia rilevante, ai fini dell’individuazione della struttura interessata, si apprende consultando l’albo pretorio del Parco archeologico. Nel dicembre dello scorso anno (determina n. 586) sono stati affidati lavori, per un totale di 1.300.000 euro, finalizzati al restauro e valorizzazione di casa Morello (un grande fabbricato che si trova nei pressi delle fortificazioni dell’area archeologica, a poche centinaia di metri dal tempio di Giunone), per renderla idonea “alla realizzazione di attività didattiche e promozione”. Sembrerebbe proprio questa la struttura interessata ad ospitare la biblioteca. A tale conclusione porterebbe anche la previsione di spesa, contenuta nella determina, che destina 40.000 euro per “trasporto e collocazione di fondo librario”. Lo stanziamento potrebbe essere destinato proprio al trasferimento dei libri di cui parla Dell’Utri. Andando avanti, in un’intervista rilascia il 6 luglio scorso a Felice Cavallaro sul Corriere della Sera, l’ex senatore precisa che si tratterà di una “donazione modale” e ne spiega bene le implicazioni giuridiche: «Significa che io do una cosa a te, a condizione che tu faccia ciò che ti chiedo. E io chiedo l’attivazione di un laboratorio di restauro del libro e della carta, oltre a un master in biblioteca e un master in economia legato a editoria e libri».
Ma questa sembrerebbe non essere l’unica condizione. Alla domanda successiva sul nome da dare alla biblioteca, la risposta perentoria, che non ammette repliche, svela il vero desiderio di Marcello Dell’Utri: «La farò chiamare “Biblioteca Utriana”». E per avvalorare questa sua pretesa ricorda che ad Agrigento esiste la biblioteca Lucchesiana, così chiamata in onore del suo fondatore e donatore: vescovo di Girgenti e membro di un nobile casato.
Ma se Lucchesi Palli era un religioso ed un intellettuale, tutt’altro personaggio è Marcello Dell’Utri. Basti ricordare solo alcune vicende giudiziarie e alcuni giudizi espressi nel corso degli anni che ne definiscono bene la caratura morale e politica.
Nel 2014 viene condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa (ne ha scontati 4 in carcere e più di 1 ai domiciliari) essendo stato riconosciuto mediatore tra Cosa Nostra e Silvio Berlusconi.
Nel 1974 porta nella villa di Arcore il pregiudicato Vittorio Mangano che, secondo il Tribunale di Palermo, viene assunto da Berlusconi come “responsabile” per evitare che i familiari dell’imprenditore fossero vittima di sequestro di persona (e non come “stalliere”, come affermato). Mangano è un giovane mafioso, divenuto successivamente esponente di spicco del clan di Porta Nuova a Palermo, e in quel periodo ha già a suo carico tre arresti e varie denunce e condanne, nonché una diffida risalente al 1967 come “persona pericolosa”. A pochi giorni dalle elezioni politiche del 2008, in un’intervista rilasciata a Klaus Davi, afferma che Vittorio Mangano è stato «un eroe, a modo suo» perché, a suo dire, mentre era in carcere per molteplici reati (dal 1995 al 2000 – anno di morte) avrebbe rifiutato di fare dichiarazioni contro di lui e Berlusconi.
Il 28 maggio 2015 Dell’Utri viene rinviato a giudizio con l’accusa di aver violato la Legge Anselmi sulle società segrete. La «struttura riservata» in questione avrebbe svolto «in maniera sistematica e pianificata un’intensa, riservata ed indebita attività di interferenza sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, allo scopo di ottenere vantaggi economici o di altro tipo». L’organizzazione, definita “massonica” dalla Procura di Roma, avrebbe agito, secondo i carabinieri, in particolare allo scopo di influenzare la decisione della Consulta in merito al pronunciamento sulla legittimità costituzionale del “lodo Alfano”. Il 14 maggio 2019 i giudici del tribunale di Roma hanno disposto di non doversi procedere per intervenuta prescrizione.
Sul fascismo l’ex senatore ha dichiarato: «Mussolini ha perso la guerra perché era troppo buono. Non era affatto un dittatore spietato e sanguinario come poteva essere Stalin». Pertanto, a suo avviso, è necessario avviare la revisione dei libri di storia, «ancora oggi condizionati dalla retorica della Resistenza».
Appare fin troppo chiaro, quindi, che intestare a Marcello Dell’Utri la costituenda biblioteca della Valle dei Templi, perdipiù nel forte contesto mediatico delle celebrazioni di città capitale italiana della cultura, è un maldestro tentativo per fornire una patente di intellettuale e mecenate ad un personaggio che ha necessità di cancellare un passato impresentabile.
Dell’Utri ufficialmente non fa più politica, ma nei fatti è oggi il potente numero uno della politica siciliana. È lui che ha determinato l’elezione del sindaco di Palermo di Roberto Lagalla, costringendo al ritiro il candidato di Forza Italia Francesco Cascio; è sempre lui che ha costruito il successo alla presidenza della regione di Renato Schifani contro il volere di Gianfranco Miccichè, presidente uscente dell’ARS. Ed oggi, con la biblioteca “Utriana”, può presentarsi come patrono dell’arte e intellettuale illuminato che crea cultura e occasioni di studio, grazie alla sponda del suo fedelissimo scudiero Riccardo Gallo, che nei fatti governa e muove le decisioni dell’ente parco archeologico di Agrigento.
Se la sua ambizione spudorata dovesse realizzarsi, imponendo l’intestazione “Utriana” alla biblioteca della Valle dei templi, questo costituirebbe un fatto semplicemente osceno e creerebbe un vulnus gravissimo alla credibilità delle istituzioni e all’immagine di Agrigento nel mondo. Un parco archeologico di straordinaria bellezza, tutelato come bene dell’umanità dall’Unesco, che intesti con tutti gli onori riservati ai grandi intellettuali un giacimento culturale (questo sono le biblioteche) ad un pregiudicato di mafia che difende e pratica l’omertà e fa l’apologia del regime fascista, è un fatto inammissibile. Saremmo agli occhi dell’establishment e dell’opinione pubblica nazionale e internazionale una città che sublima la cultura mafiosa e calpesta i valori della democrazia e della libertà. Non possiamo permetterlo.
P.S. – Di recente, diversi intellettuali di pregio della città sono intervenuti con dotte disquisizioni per stigmatizzare le recenti decisioni di pubblica sicurezza che hanno menomato lo slancio popolare della processione di San Calò. Encomiabile il loro impegno a difesa delle tradizioni e della cultura popolare. Forse, però, sarebbe opportuno che il loro spirito critico e la loro coscienza civica si esprimessero con la stessa passione anche in occasioni come quella di cui ci stiamo occupando, dal momento che sono in gioco i valori fondanti della nostra comunità.