in tanti punti della settimana
di Daniele Moretto
· Ferie d’inferno. Mediterraneo. Isole assediate dal fuoco. Rodi. Migliaia di turisti evacuati. E residenti sfollati. Vacanze e vite in fumo. In fuga. In fila nell’inferno. Molti sono rientrati, molti hanno disdetto gli alberghi. Economie già precarie, in pezzi. Di Rodi non sappiamo, ma della Sicilia sì: che gli incendi sono quasi sempre dolosi. Quest’anno, particolarmente dolorosi per Palermo: perduta la storica Chiesa di S. Maria del Gesù, inceneriti i resti di San Benedetto il Moro, uno dei tanti protettori della città. Anche loro in ferie? Son le leggi del mondo così rotte? C’è ancora chi prega mentre respira fuliggine. Che il mondo non sia ormai altro che male. Non tutto è perduto. Amici scrivono da un’altra isola, Cipro. Ritiri spirituali. Un’amica romana posta immagini di relax da litorali più felici. Ma il mondo è uno solo, e brucia per tutti. Cartolina tristissima: le fiamme riflesse a sera sulle acque di Mondello, Palermo. Intanto, fenomeni opposti tempestano il Nord. Grandine a pallettoni. Fulmini. I forti venti sradicano alberi enormi. Che arrivano ad uccidere cadendo. Un diffuso stato di calamità. I sindaci e i governatori chiedono fondi per l’emergenza. Ma è la natura a presentare il conto, ogni anno più salato.
· Fame nel mondo. Roma, Palazzo della FAO. Seguo in tv la chiusura del summit ONU sui sistemi alimentari. Tante parole. Tanti obiettivi. Tanti progetti. Tanti poveri. Così lontani, mi pare, da questa sala. Milioni di bambini mal nutriti o denutriti. “Ancora non ci siamo” ammette la vice-presidente O.N.U. Amina J. Mohammed. “Siamo nella stessa situazione del 2015, e se nel 2030 non avremo raggiunto gli obiettivi che ci siamo dati due anni fa, tutto il lavoro fatto sarà stato inutile”. Parole e concetti-chiave: giovani, lavorare insieme, resilienza, fondi, coinvolgere tutti, governi e privati… Intanto, Putin blocca il grano ucraino nel Mar Nero. Destinato soprattutto all’Africa. I cui leader vengono invitati a San Pietroburgo (alcuni hanno disertato) per l’ennesima danza macabra.
· Ricchi e poveri. Alain Elkan è un uomo di cultura. Ha letto e commentato molti libri. Ma è insopportabilmente snob. E gli snob hanno sempre una punta di idiozia. Ha usato il giornale di suo figlio per disprezzare certi giovani che viaggiavano con lui in treno, colpevoli di essere se stessi. E di averlo ignorato. Cita Proust e rimedia una figuraccia, confondendo titoli e capitoli della Recherche. Soprattutto dimostra di non aver tratto granché dalle abbondanti letture. Di non capire che la letteratura, quella vera, azzera ogni differenza. Perché si basa sugli universali. Vita e morte i principali. L’una e l’altra ci rendono uguali. Se non si assume questo, è tempo… perdu.
· «La religione; l’amore sessuale; la violenza; la morte; i riti funebri e il lutto; l’iniziazione; la patria; gli antenati e i discendenti; la produzione di arte e, appunto, la guerra sono i grandi universali dell’esperienza: temi senza tempo dell’esistenza umana che ricevono significato dai miti. I miti sono la normazione dell’irragionevole. L’averlo riconosciuto è la più grande di tutte le conquiste della mente greca. (…) Per comprendere la guerra dobbiamo arrivare ai suoi miti, riconoscere che essa è un accadimento mitico, che l’amore per la guerra dice di un amore per gli dèi, per gli dèi della guerra».
James Hillman, Un terribile amore per la guerra, Adelphi.
26-28 Luglio 2023
“Il punto” n. 13
rubrica di Daniele Moretto