Se si consultano i provvedimenti pubblicati sull’albo pretorio del comune di Agrigento, si assiste con meraviglia ad una notevole presenza di permessi di costruzione, nel 2023 siamo a circa 100 pratiche esitate dall’ufficio tecnico. La meraviglia deriva dal fatto che, oramai da diversi anni, le leggi urbanistiche impongono la regola del consumo zero di suolo: cioè, niente nuove costruzioni e occupazioni di suolo libero dal cemento, se prima non si individua un’altra zona di pari estensione da decostruire. Allora come spiegare questo fiorire di licenze? Innanzitutto, con il fatto che la città ha un piano regolatore vecchio, improntato alla logica eterna della continua espansione, con i vincoli per le aree destinate ad attrezzature collettive ed espropri di pubblica utilità scaduti da anni. Meno vincoli, ovviamente, equivalgono ad avere mano libera per nuove colate di cemento. Inoltre, molte case abusive costruite nei decenni passati e poi bloccate dalle inchieste giudiziarie, grazie alla prescrizione che ha estinto il reato, vengono autorizzate al completamento (spesso con interpretazioni forzate delle norme urbanistiche) anziché essere demolite, come la logica e il dettato della legge imporrebbero. Infine, da poco il comune, grazie all’attività di un tecnico nominato ad hoc, ha emanato delle nuove direttive urbanistiche in attesa dell’approvazione delle “prescrizioni esecutive” al PRG (la cui approvazione risale al 2006), che stanno dando un ulteriore stimolo alla edificazione di nuove costruzioni.
Una zona in procinto di massiccia edificazione è quella denominata dallo strumento urbanistico “C4”, concentrata tra Cannatello e Zingarello. Il PRG, su input dell’amministrazione dell’allora sindaco Calogero Sodano, ha previsto nell’ambito della zona “C”, destinata all’espansione residenziale, una sottozona denominata “C4”, nella quale è consentita l’edificazione di “case unifamiliari con orto”. Praticamente si voleva dare la possibilità a molti agrigentini di edificare una villetta regolarmente, per evitare il fenomeno dell’abusivismo molto diffuso in quelle aree, ricorrendo all’escamotage delle case rurali, cioè di servizio all’agricoltura.
Si ricorderà la vicenda, scoperchiata qualche anno fa dalla magistratura, dei finti magazzini agricoli costruiti a Cannatello, che in realtà erano delle case di villeggiatura. Caduto in prescrizione il processo penale, è ritornata di attualità la ripresa dell’attività edilizia. Tuttavia, la possibilità di edificare nella zona “C4” sarebbe subordinata alla emanazione delle prescrizioni esecutive, adempimento mai realizzato nei quasi 20 anni di vigenza del PRG, e della progettazione per “comparto”: cioè un piano di lottizzazione che originariamente doveva essere esteso almeno 25.000 mq. Il consiglio comunale di recente ha opportunisticamente limitato l’estensione dei “comparti” a soli 10.000 mq, aumentando così le possibilità di interventi edilizi. Inoltre, in attesa dell’approvazione delle prescrizioni esecutive al PRG, ecco il “provvidenziale” intervento del comune che sblocca la situazione delle nuove concessioni con l’emanazione di semplici direttive.
Ovviamente, questo nuovo impulso edilizio viene favorito dalla presenza di un PRG vecchio, appesantito negli anni da diverse varianti e modifiche intervenute su richiesta degli uffici regionali o dei giudici amministrativi in seguito a ricorsi dei privati. Qualcuno ben informato sostiene che, in seguito a questo ginepraio di variazioni successive all’approvazione del PRG, al comune si comportano come se esistessero diversi piani regolatori: a seconda dei casi si applica la versione utile alla bisogna. In questo modo, naturalmente, si assegnano ai funzionari, agli amministratori e, in ultima istanza alla politica, un ruolo di selezione delle concessioni con criteri discrezionali, che va a configurarsi come una forma di intermediazione illecita, favorendo ampiamente le clientele e l’affarismo. È proprio questo che si sta verificando al comune, in assenza di qualunque controllo e governo del territorio.
Quello che sta succedendo in città trova terreno favorevole anche in un clima regionale che vede la maggioranza di centrodestra favorevole alla cementificazione ad oltranza e sempre pronta a proporre nuove sanatorie edilizie. Da ultimo anche la sanatoria delle costruzioni abusive costruite in prossimità delle spiagge, entro i limiti di inedificabilità assoluta.
Il risultato di questo andazzo è doppiamente mortificante: in primo luogo dal lato della tenuta democratica delle istituzioni, trascinate sempre più nelle logiche di scambio politico-elettorale; poi, dalla continua aggressione al territorio, con il suo sgradevole carico di disordine urbanistico, capace solo di costruire frammenti di città senza storia, senza identità, senza bellezza: dei non-luoghi per eccellenza.
Sul tema dell’espansione edilizia, della gestione del territorio, della cura delle devastazioni causate dall’abusivismo (temi cruciali per ogni città, a maggior ragione per la città della Valle dei Templi, patrimonio dell’Unesco) non v’è in corso alcun dibattito. Mentre il nuovo PUG (Piano Urbano Generale) è di fatto bloccato dall’inattività della giunta Miccichè-Di Mauro. Le direttive generali al piano sono state approvate dal precedente consiglio comunale, per le spese di progettazione è stato previsto un apposito capitolo nel bilancio regionale (quindi non regge l’alibi della carenza di fondi comunali) ma l’incarico per la redazione del PUG non viene assegnato.
Evidentemente, il nuovo piano, dovendo recepire la nuova disposizione sul consumo zero di suolo, sarebbe un ostacolo ai voleri e agli interessi cementizi della classe politica che occupa il governo della città. Con queste credenziali, tutt’altro che appropriate, Agrigento si appresta a fregiarsi del titolo di Capitale Italiana della cultura del 2025, con un programma che fa perno proprio sul rispetto della natura, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, ma nessun politico sembra rilevarne l’incongruenza. Delle due l’una: non hanno letto il programma, oppure non l’hanno capito.
Se il governo cittadino e la classe politica che lo esprime non si mostrano interessati ad un dibattito pubblico sui temi fondamentali dell’assetto del territorio e dello sviluppo urbanistico della città, investendo innanzitutto la massima istituzione democratica che è il Consiglio Comunale, cosa può fare l’opinione pubblica per tutelare l’interesse collettivo e salvaguardare l’ambiente urbano?
Quali sono il ruolo e le finalità dell’impegno politico, quando si è coscienti di essere portatori di valori e di progettualità patrimonio di minoranze, a volte anche esigue, come nel caso di chi propugna uno sviluppo razionale della città, frutto di una urbanistica moderna e illuminata, rispettosa dell’ambiente, dell’armonia e della bellezza?
Una prima risposta mi è parso di trovarla in alcune riflessioni riportate nel libro “I Vandali in casa”.
Scagliandosi contro i prepotenti, gli arroganti, gli speculatori, i corrotti – sinteticamente chiamati Vandali – il fondatore di Italia Nostra Antonio Cederna così argomentava.
“Da tempo immemorabile i vandali trionfano anche per il silenzio delle persone ragionevoli. Simulatori ed ipocriti, i vandali tengono molto alla loro privata rispettabilità̀: giova schernirli e trattarli per quello che sono, malintenzionati cialtroni. Abituati ad intimidire e corrompere, si trovano sconcertati di fronte all’inflessibile denuncia. La loro potenza è fatta di viltà altrui. Abituati a violare, impuniti, le regole e la morale, non sanno che fare contro chi svela pubblicamente i loro raggiri, sostenuti da una complicata rete di omertà̀, lo scandalo li può̀ intimorire, scompigliare i loro piani, far rientrare i loro capricci. Occorre sfondare il sipario di complice riservatezza in cui operano, dilatare le loro colpe sul piano più ampio possibile, ridicolizzarli, screditarli. Denuncia, protesta, polemica: in un paese di omertosi e conformisti, l’appello alla verità e alla rivolta morale può almeno essere un elemento di varietà”