di Giulia Laiola
Mi stai aspettando.
Credi che farò capolino da quella porta.
Ma no, non arriverò.
E poi che sarà.
Che anch’io ti aspetterò.
Ma no, non arriverai.
Neppure tu.
Come petali staccati raccolgo i tuoi pensieri sospinti dal vento.
Hanno fatto molta strada e si disvelano come un segreto che posso custodire.
La tua risata, la sento, la riconosco.
E’ come quella di un bambino che non vuole smettere di divertirsi.
Se chiudo gli occhi mi giunge il tuo odore o forse è solo il profumo dei miei capelli che il vento scarmiglia con noncurante dispetto.
Troverai un libro per te ero indeciso se regalartelo, ma…
Fanne un buon uso: sottolinealo, copia da qualche parte ciò che senti più tuo.
Scrivi delle note, di cosa provi, di cosa senti.
La carta è ingiallita è vecchio abbastanza per te.
Ti ricorderai così di quell’odore che dici ti piaceva di casa mia.
Strappa pure le pagine se ti arrabbierai.
Troverai anche un segnalibro, così non dovrai fare le orecchie.
Mi penserai, ma non mi odierai.
C’è tutto lì dentro.
Il mio mondo e, forse, anche il tuo.
A presto, papà.
P.s. dai l’acqua alle piante ogni tanto.
P.s. se ti va puoi prendere il mio porta sigarette.
Non fumo più.
Avevi il capo chino sullo schermo del cellulare e non ti sei accorto di un’occasione scivolata via.
Incontrare i suoi occhi, una volta scesa dal treno. “ Se vuoi confessarti il sacerdote non deve affatto conoscerti; un po’ come lo psicologo” “Io invece credo che non sia affatto necessario. Loro non stanno lì ad emettere giudizi morali sulla tua condotta.
In entrambi i casi ti monderanno e ti sentirai più leggero.
Pensaci a curarti l’anima.
Ognuno di noi ha la propria clessidra, puoi immaginarlo.
Cerca di non avere sempre pregiudizi”. “Ma io non ho pregiudizi, sento solo la necessità di dovermi aprire con chi non sa chi io sia.
Gli sconosciuti mi rendono semplice il compito gravoso di esternare le mie inquietudini, le mie paure, i miei peccati.” “Fà come credi. Così facendo non avrai mai un punto fermo;prima o poi anche lo sconosciuto saprà chi sei. E tu cosa farai? “Continuerò la mia ricerca”.
L’uomo ha una connaturata necessità di occupare la mente con il fare.
La pigrizia, infatti, è solo mite apparenza.
Ha bisogno di adoprarsi in cose pratiche che lo possano distogliere da se stesso.
Occorre, allora, che si inventi continuamente un’attività e più l’età raddoppia più dovrà seguire la propria irrequietezza.
Gli piace programmare, fare, annaspare e arrivare a fine giornata col fiato corto.
Nelle sere dal profumo di erba appena falciata e di gelsomini notturni, correrai a cercarmi.
E nel silenzio notturno sarò lì, avvolta dal fumo della mia sigaretta, come mi hai lasciato trent’anni fa.
Guidava lentamente per arrivare più tardi possibile sotto casa.
Il vento d’estate entrava dai finestrini con prepotenza, mentre ascoltavamo un po’ di jazz alla radio.
Il sole del tramonto rendeva ancora più mite il suo sguardo e le rughe attorno agli occhi gli conferivano un aspetto rassicurante.
Ogni tanto si girava a guardarmi, per controllare se stavo bene.
E se incontrava il mio sguardo, sorrideva.
“Non essere triste, gli amori adolescenziali sono così: ti strappano il cuore, ma poco a poco tutto si ricompone.
Sono delle piccole tempeste che scombinano le tue giornate, ma troverai il tuo ordine e lo avrai già dimenticato.”
“Potresti giurare che è la verità, papà?”
“Sì, è proprio così, te lo assicuro. E ora, ti andrebbe un gelato?”
Gli androni dei palazzi, specie le domeniche d’estate, racchiudono un odore insopportabile.
E’ quello di frittura, di sugo fresco e di caffè.
Tutto insieme.
Non puoi sostare lì senza impregnarti.
E’ un pugno forte allo stomaco, come presagio di un autunno già vicino.
Bisognerebbe stare lontani dalle città, in estate.
Andare al mare e tingersi gli occhi di azzurro.
La finestra si aprì con un impeto violento, il vento e la pioggia erano di nuovo tornati.
E assieme a loro l’inquietudine sostava sui suoi pensieri, come un foulard di seta annodato al collo.
Un sole timido e i bambini sono già in strada, voci allegre, concitate si rincorrono.
Il più grande sembra volare sulla bici, allarga le braccia, socchiude gli occhi.
Guardatemi!Urla agli altri.
Un applauso di mani si leva.
La mamma con le mani sui fianchi lo osserva preoccupata dal balcone, ma non vuole rovinare la festa.
E’ stata una bambina anche lei.
E, rassegnata, torna dentro.
foto T. Siracusa