In pochi giorni, alcune vicende giudiziarie ancora in corso hanno scoperchiato una situazione allarmante in merito alla trasparenza e alla legalità di procedure, pratiche e decisioni amministrative relative alla gestione del comune e del distretto sociosanitario “D1” di cui Agrigento è la città capofila.
Nell’inchiesta che coinvolge Gaetano Di Giovanni, capo di gabinetto del sindaco Francesco Miccichè, nonché comandante della polizia locale, presidente di gara dell’Urega (l’Ufficio Regionale Gare per gli appalti pubblici) e vicesegretario generale, gli indagati sono accusati di reati gravissimi quali associazione finalizzata alla corruzione, corruzione, turbata libertà degli incanti, istigazione alla corruzione. Nelle carte depositate dagli inquirenti, il Di Giovanni viene raffigurato come uno “spregiudicato”, “le conversazioni intercettate consentono di delineare un profilo criminale di inusuale spessore: il mercimonio della propria funzione sembra essere una vera e propria prerogativa del dirigente, che per la sua avidità, la continua richiesta di denaro, di pranzi e cene, riesce a guadagnarsi addirittura il disprezzo di alcuni altri indagati”, diventando destinatario di epiteti ingiuriosi da parte degli imprenditori come “Tano gnam gnam”, “panzone terribile”, “cosazza inutile”, “tutto mio”, “man bassa”. Ad aggravare il quadro accusatorio anche il fatto che i provvedimenti oggetto di tangenti, richieste ed offerte, fanno riferimento ai servizi di assistenza per i disabili e ad uno spazio giochi per bambini, quindi hanno come destinatari le persone più fragili. Nel richiedere la misura cautelare degli arresti in carcere, il giudice per le indagini preliminari così argomenta: “Altrettanto probabile, se non certo alla luce della inusuale avidità del dirigente, è che fatti come quelli sin qui rappresentati si siano verificati anche dopo la fine dell’indagine e che continueranno a verificarsi, cosicché appare necessaria l’applicazione di una misura in grado non solo di interrompere il rapporto fra il pubblico ufficiale e l’amministrazione ma di impedire, altresì, che questi possa continuare ad esercitare la sua influenza per il tramite di terzi e, quindi, a piegare l’ente ai suoi bisogni”.
Un’altra inchiesta, che non tocca direttamente atti del comune di Agrigento, apre scenari inquietanti. Si tratta dell’inchiesta “Pandora” nella quale i magistrati procedono per i reati di voto di scambio politico-mafioso, corruzione, estorsione e turbativa degli appalti. In questo caso i fatti riguardano il comune di Tremestieri Etneo ma coinvolgono, oltre al vicepresidente della Regione Siciliana Luca Sammartino, anche gli ingegneri catanesi Paolo Di Loreto (agli arresti domiciliari) e Maurizio Erbicella. Entrambi i professionisti negli ultimi due anni hanno svolto incarichi importanti nel comune di Agrigento: super consulente per l’urbanistica e il piano regolatore generale il primo; responsabile della redazione della VAS (Valutazione Ambientale Strategica) del territorio comunale, per l’attuazione delle previsioni contenute nel PRG, il secondo.
Ad avviso della Procura di Catania, i funzionari corrotti avrebbero ricevuto denaro e altre varie utilità, quasi sempre grazie alla costante attività di intermediazione dell’ingegnere Paolo Di Loreto, per concedere permessi e assegnare lavori agli imprenditori amici.
Alla luce di questi fatti, si impone una severa ispezione all’ufficio urbanistica del comune di Agrigento per verificare l’attività degli ultimi due anni che, in virtù dell’operato dei nuovi consulenti, ha portato ad un incremento notevole delle licenze edilizie, soprattutto nelle zone costiere di Cannatello e Zingarello, le zone cosiddette “C4”, quelle destinate alle “casette con orto”. I dirigenti si sono mossi in tutt’altra direzione, rispetto a quello che dovrebbe prevedere la VAS, cioè scelte che garantiscano un elevato livello di protezione dell’ambiente e che contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile. Quindi, si può affermare con buona approssimazione che il mandato effettivo dato agli ingegneri non era certo l’elaborazione di una pianificazione rispettosa dell’ambiente, quanto la creazione di una impalcatura giuridica utile a consentire una ulteriore cementificazione.
D’altra parte, sul tema sensibile della nuova espansione edilizia (quanto mai assurda in una città che ha perso circa 500 abitanti l’anno negli ultimi 10 anni) della gestione del territorio, della cura delle devastazioni causate dall’abusivismo (temi cruciali per ogni città, a maggior ragione per la città della Valle dei Templi, patrimonio dell’Unesco) non v’è in corso alcun dibattito ad Agrigento, tutto si muove sottotraccia. Mentre il nuovo PUG (Piano Urbano Generale) è di fatto bloccato dall’inattività della giunta Miccichè-Di Mauro. Le direttive generali al piano sono state approvate dal precedente consiglio comunale, per le spese di progettazione è stato previsto un apposito capitolo nel bilancio regionale (quindi non regge l’alibi della carenza di fondi comunali) ma l’incarico per la redazione del PUG non viene assegnato.
Evidentemente, il nuovo piano, dovendo recepire la nuova disposizione sul consumo zero di suolo, sarebbe un ostacolo ai voleri e agli interessi cementizi della classe politica che occupa il governo della città. Con queste credenziali, tutt’altro che appropriate, Agrigento si appresta a fregiarsi del titolo di Capitale Italiana della cultura del 2025, con un programma che fa perno proprio sul rispetto della natura, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, ma nessun politico sembra rilevarne l’incongruenza.
Le inchieste, quindi, aprono scenari imprevedibili che, in considerazione del ruolo e delle attività svolte dagli indagati, gettano un’ombra lunga sull’intera attività amministrativa, prefigurando una consolidata pratica di governo che potremmo chiamare “Sistema Agrigento”, toccando anche figure che vanno oltre il “pupo” Miccichè, risalendo a quegli attori che hanno voluto e imposto gli attuali indagati per realizzare obiettivi di potere, interessi particolaristici e pratiche clientelari, che in controluce si palesano chiaramente.
In questo stillicidio di notizie allarmanti che si rovesciano sul governo cittadino, il sindaco si è limitato ad un banale “Esprimo incondizionata, e senza riserve, fiducia nel lavoro della magistratura, che, indubbiamente, eserciterà il proprio corso investigativo secondo legge”.
Egregio sindaco di Agrigento, lei non può affrontare questa vicenda pronunciando parole di rito. È suo preciso dovere dare alla città risposte puntuali.
Visto che sembra non capire, le diamo un aiuto, formulando noi le domande e aspettando da lei dichiarazioni più ampie e circostanziate.
1) Perché ha nominato capo di gabinetto un condannato in appello per danno erariale, nonché indagato nell’inchiesta sulla gestione del distretto sociosanitario di Agrigento?
2) Perché ha prima smantellato l’ufficio di piano che doveva gestire le procedure del nuovo Piano Urbanistico e poi ha nominato due super consulenti esterni ben pagati? Come è arrivato agli ingegneri catanesi? Chi le ha suggerito il loro ingaggio? Quale compito effettivo hanno svolto in questi due anni di attività?
3) Dopo l’indagine della magistratura, partita già nel 2020, ha promosso ispezioni amministrative per verificare il funzionamento del distretto sociosanitario diretto dal Di Giovanni? E di recente ha verificato la regolarità del lavoro svolto dagli indagati dell’ufficio urbanistico?
4) La nomina del Di Giovanni è una sua scelta, oppure è frutto di indicazioni di politici del suo entourage?
5) Quali provvedimenti pensa di mettere in atto per verificare l’attuale gestione dei diversi uffici amministrativi, soprattutto di quelli gestiti o influenzati dagli indagati, e quali correttivi intende promuovere per scongiurare eventuali ulteriori irregolarità?
6) Se la sua amministrazione è estranea ai traffici di cui è accusato il Di Giovanni e ad eventuali pratiche irregolari del settore urbanistico, perché lei stesso non chiede alla regione una ispezione accurata, per verificare la sua corretta gestione, in modo da fugare ogni sospetto malevolo?
7) Sussistono “solidarietà” esterne alla politica che le impongono un comportamento elusivo delle sue responsabilità e minimizzante del terremoto politico in corso nella sua amministrazione?
8) Pensa di dover chiedere scusa alla città per le scelte operate e gli uomini di cui si è circondato in questi anni?
Sindaco, non può sempre nascondersi, informi la città, convochi un incontro con i cittadini e la stampa e chiarisca la sua posizione, senza tentennamenti omertosi.
Diversamente saremo autorizzati a pensare il peggio.