Si svolto giovedì 2 maggio scorso al circolo Empedocleo di Agrigento un convegno organizzato dal Partito Democratico sulla possibile costruzione di un rigassificatore a Porto Empedocle. Di seguito alcuni appunti sulla discussione.
La genesi
L’iter per la costruzione del rigassificatore viene avviato il 18 agosto 2004 con la presentazione del progetto alla Direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici della regione siciliana da parte della società Nuove Energie srl: una società con poche migliaia di euro di capitale presenta un progetto di un’opera altamente tecnologica senza possederne le capacità industriali e, soprattutto, i capitali da investire, allora quantificati in 800 milioni di euro. Qualunque ufficio pubblico serio avrebbe immediatamente buttato nel cestino la richiesta. Invece, il progetto sorprendentemente va avanti. Si tratta di un rigassificatore con una capacità di 8 milioni di metri cubi all’anno, che sarebbe il più grande costruiro in Italia, con due serbatoi parzialmente interrati di 160.000 metri cubi.
Il 22 dicembre 2005 viene convocata la conferenza di servizio con tutti gli enti interessati al rilascio delle autorizzazioni.
Il 29 agosto 2008 viene approvata la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).
Il 22 ottobre 2009 la giunta regionale, di concerto al ministero dell’ambiente e delle infrastrutture, rilascia l’autorizzazione alla costruzione dell’impianto.
In seguito alla concessione dell’autorizzazione, l’Enel acquisisce la società e si intesta il piano di investimenti: un affarone per i soci della Nuove Energie srl che avranno guadagnato qualche milione di euro spendendone poche migliaia. In Sicilia i grandi affari sono sempre circondati da zone d’ombra.
Favorevoli e contrari
All’inizio sono favorevoli all’opera il comune di Porto Empedocle, guidato da Lillo Firetto, i partiti maggiori e i sindacati. Sono contrarie tutte le associazioni ambientaliste e il comune di Agrigento il cui consiglio comunale vota un ordine del giorno contro il rigassificatore.
Nell’aprile del 2009 il comune di Agrigento, guidato dal sindaco Marco Zambuto, indice un referendum consultivo sul rigassificatore. Voteranno 6.882 agrigentini, con ben 6.435 cittadini, pari al 93,85 dei voti espressi, che si pronunciano contro la realizzazione dell’opera, mentre il “SI” raccoglie solo 422 voti.
Cominciati i lavori nell’area portuale, l’autorizzazione viene impugnata davanti al TAR nel gennaio del 2010 dal comune di Agrigento e da diverse associazioni ambientaliste, tra cui il comitato cittadino “No Rigassificatore”. L’opposizione all’opera si fonda su diverse ragioni: innanzitutto l’inopportunità di costruire un impianto a ridosso del centro abitato. Il metano è un gas altamente infiammabile e questo pone i rigassificatori ad un livello di pericolosità tra i più alti degli impianti industriali. Il rischio di esplosioni è sicuramente da non trascurare: esplosioni che, nel caso più grave, potrebbero arrivare a distruggere un ampio tratto di costa. Non è un caso che i rigassificatori di recente costruzioni siano lontani dalla costa o bordo di navi, proprio per contenere gli effetti disastrosi in caso di incidenti gravi.
Vanno, poi, tenuti presenti i danni certi derivanti dalla sua gestione, quali: il raffreddamento e la clorazione delle acque circostanti, con conseguente inquinamento marino; le limitazioni all’operatività del porto vicino all’impianto; la restrizione della balneazione; l’inquinamento dell’aria.
Infine, va considerato l’inquinamento visivo procurato sia dall’impianto che dalle gigantesche navi metaniere alla fonda.
La vertenza giudiziaria che si apre sul rigassificatore vede schierati da un lato gli ambientalisti, il comune di Agrigento con il sindaco Marco Zambuto, il comitato cittadino “No rigassificatore”; dall’altra parte l’Enel, quasi tutti i partiti, i sindacati, il sindaco di Porto Empedocle Lillo Firetto (dipendente dell’Enel) attratto anche dai finanziamenti compensativi destinati dall’Enel al bilancio comunale di Porto Empedocle.
Il TAR accoglie il ricorso e blocca i lavori, ma il Consiglio di Stato, su ricorso della società Nuove Energie, ribalta la sentenza del TAR.
Nonostante la bocciatura del ricorso da parte del Consiglio di Stato, l’opposizione al rigassificatore non smobilita e nel 2015 il tema diventa oggetto della campagna elettorale amministrativa, con il candidato sindaco Lillo Firetto che si impegna a rispettare i risultati del referendum consultivo cittadino, indetto da Marco Zambuto, che ha visto i cittadini agrigentini pronunciarsi a grande maggioranza contro il rigassificatore. La sensazione, comunque, è che quell’opera oramai non interessi più all’Enel, che per ragioni economiche avrebbe accantonato il progetto. Questa tesi viene sposata da Lillo Firetto, per rintuzzare gli attacchi del comitato “No rigassificatore”.
Il ruolo della criminalità organizzata
Nel 2013 la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, in seguito al ritrovamento, nelle tasche del boss arrestato Gerlandino Messina, di alcuni pizzini che fanno riferimento a ditte interessate ai lavori del rigassificatore e alla presenza di un capocantiere esponente di una famiglia mafiosa empedoclina, dispone il sequestro di una parte del cantiere, ipotizzando il reato di frode in pubbliche forniture con l’aggravante di aver favorito la mafia.
Nel 2016 l’aggravante mafiosa cade e l’inchiesta viene trasmessa alla procura di Agrigento, che procede anche per l’ipotesi di corruzione a carico di pubblici amministratori, senza che ci siano stati altri sviluppi giudiziari.
Il gasdotto dei templi
Il rigassificatore per funzionare ha bisogno dell’allaccio alla rete nazionale del gas. Quindi è necessario realizzare una condotta che dal porto arrivi al punto più vicino situato nel comune di Ioppolo Giancaxio. La tubazione interrata parte dall’area Asi di Porto Empedocle e arriva al comune di Joppolo Giancaxio per una lunghezza complessiva di 13 km, attraversando per 8 km il territorio del comune di Agrigento. Così nel 2018, l’amministrazione di Agrigento, nel frattempo passata alla guida di Lillo Firetto, presenta un ricorso gerarchico contro l’assessorato regionale dell’Energia e dei Servizi di pubblica utilità per ottenere l’annullamento del decreto del 2013 con il quale si autorizzava il progetto di realizzazione del gasdotto che, attraversando in parte anche il territorio del capoluogo “è destinato ad avere un notevole impatto su un territorio con un considerevole patrimonio storico, artistico e culturale”. Il ricorso viene respinto dal Presidente della regione. L’ultimo ricorso viene presentato al TAR, sempre per bloccare il gasdotto Porto Empedocle-Joppolo Giancaxio. Ma anche questo è stato respinto. La decisione del TAR è arrivata il 9 febbraio 2022. Secondo i giudici “Il ricorso del Comune non è fondato visto che le questioni tecniche sollevate sono state oggetto di specifici approfondimenti nel corso del procedimento e che ci sono stati pareri positivi sull’opera da parte della Soprintendenza e del Genio Civile”.
Tempo scaduto
A questo punto, però, sono scadute le autorizzazioni regionali e soprattutto la Valutazione di Impatto Ambientale e l’iter autorizzativo dovrebbe ripartire da capo, ma a differenza di quanto accaduto nel 2009, la sovrintendenza esprime valutazioni contrarie alla realizzazione dell’impianto con il sovrintendente Michele Benfari. Salvo poi fare una mezza marcia indietro certificando la validità della Valutazione d’Impatto Ambientale rilasciata nel 2008, cioè 16 anni addietro.
Ecco allora venire in soccorso all’Enel la regione Sicilia e il governo Meloni.
– La regione siciliana con decreto del 13 settembre 2023 dell’assessore all’energia e ai servizi di pubblica utilità, l’agrigentino Roberto Di Mauro, proroga i permessi a costruire l’opera, che originariamente doveva essere conclusa entro il 2015. Il termine, su richiesta dell’Enel, in seguito era stato prorogato al dicembre 2020. Poi, la pandemia e la conseguente dichiarazione dello stato di emergenza, hanno congelato la scadenza per circa 2 anni. Da ultimo arriva la proroga di altri 70 mesi, che scadranno il 29 aprile 2028. Una proroga illegittima, perché si basa sul falso presupposto secondo il quale i lavori per il rigassificatore siano in corso, mentre in realtà non esiste in questo momento alcun cantiere in attività. L’aria interessata è semplicemente un deserto.
– Il governo nazionale che con il “Decreto Energia” del 29 settembre 2023, convertito in legge il 27 novembre 2023 dichiara i rigassificatori previsti a Porto Empedocle e Gioia Tauro “impianti di primario interesse nazionale, indifferibili e urgenti” con il preciso scopo di superare l’ostacolo di una nuova Valutazione di Impatto Ambientale, che quasi certamente verrebbe negata.
La consultazione pubblica
Il 4 luglio 2012 è stata emanata, dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea, la direttiva 2012/18/UE (cd. “Seveso III”) sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, che è stata recepita in Italia dal Decreto legislativo n. 105 del giugno 2015. La normativa impone nel caso della costruzione di impianti pericolosi l’obbligo della consultazione pubblica e della partecipazione delle popolazioni interessate al processo decisionale. Nel caso del rigassificatore di porto Empedocle né la Regione, né l’Enel hanno tenuto fede a questo preciso obbligo di legge.
L’intervento dell’Unione Europea
Nel marzo scorso l’europarlamentare Pietro Bartolo ha presentato una interrogazione al parlamento europeo evidenziando la forte anomalia della proroga dei permessi sulla base di una VIA vecchia di 15 anni e i rischi per l’incolumità delle popolazioni vicine al rigassificatore e per la tutela del patrimonio culturale. In risposta all’interrogazione la Commissione europea pone due paletti fondamentali:
- Al momento di adottare una decisione in merito alla concessione dell’autorizzazione per un progetto rientrante nell’ambito della “Direttiva Seveso”, come il rigassificatore in questione, l’autorità competente deve accertarsi che le conclusioni della procedura VIA siano ancora attuali.
- Gli obiettivi della “direttiva Seveso” impongono di mantenere opportune distanze di sicurezza tra gli impianti industriali pericolosi e le zone residenziali, per limitare gli effetti di eventuali incidenti rilevanti per la salute umana e per l’ambiente.
Entrambe le condizioni non sono state rispettate nella vicenda del rigassificatore di Porto Empedocle. È vero che indicazioni della Commissione europea non hanno un effetto cogente immediato nell’ordinamento giuridico italiano, tuttavia rappresentano un fatto politico rilevante.
L’andamento del consumo di gas in Italia
Per finire ecco i dati relativi all’andamento dei consumi di gas in Italia:
- Il picco massimo nel 2005 con 86,3 miliardi di metri cubi
- Si scende a 76,00 miliardi di metri cubi nel 2021
- 68,50 nel 2022
- 61,50 nel 2023.
Parallelamente si assiste ad una accelerazione delle fonti di energia rinnovabile, che ormai coprono circa il 50% della produzione di elettricità del paese.
Conclusioni
Quella del rigassificatore di Porto Empedocle si presenta come una vicenda con una genesi ricca di ombre, con un percorso accidentato, per la costruzione di un’opera molto rischiosa, dannosa per l’ambiente, con un impatto molto negativo su un’area ricca di bellezze paesaggistiche e beni culturali di rilevanza mondiale. Qualora venisse costruita, con permessi che ad oggi appaiono palesemente illegittimi, comunque, sarebbe un’opera inutile, visto il trend del consumo del gas in veloce discesa e gli impegni assunti dall’Italia con la COP 30 sulla decarbonizzazione.