Di fronte alle inchieste giudiziarie che sono attualmente in corso a carico di dirigenti e amministratori del comune di Agrigento, sarebbe opportuno, nel giudicare il loro operato, tenere distinti i due aspetti della responsabilità penale e quello della responsabilità politica.
In una democrazia, in virtù della separazione dei poteri, l’accertamento della responsabilità penale è di competenza della magistratura e tutti gli imputati sono considerati innocenti fino all’eventuale sentenza definitiva di condanna. Pertanto, un pubblico funzionario non può essere considerato colpevole, per il solo fatto di essere imputato o anche condannato in primo grado o in appello, fintanto che non intervenga il definitivo giudizio della corte di cassazione o l’eventuale condanna sia passata in giudicato (evento che normalmente richiede parecchi anni dal momento di avvio dell’azione penale).
Diversi dovrebbero essere i criteri di giudizio a disposizione dei cittadini per valutare la responsabilità politica a carico di amministratori e rappresentanti delle istituzioni. Quest’ultima responsabilità, che – è bene precisare – prescinde ed opera indipendentemente dal giudizio penale, può essere individuata in quell’insieme di regole, valori e modi di agire che danno forma alla cultura di governo. Quindi, diventa rilevante in questo caso il comportamento etico, cioè la capacità delle persone che svolgono funzioni pubbliche di farsi carico delle conseguenze che le loro azioni possono avere in ordine al preminente interesse della collettività.
La cultura della responsabilità, pertanto, si fonda su una distinzione chiara fra ciò che può essere considerato un comportamento accettabile e ciò che non è accettabile, anche essendo giuridicamente lecito.
Tornando alle cose agrigentine, è opportuno ed utile per l’immagine della città, già sotto i riflettori dell’opinione pubblica nazionale per l’assunzione a breve del titolo di Capitale italiana della cultura, che resti in carica il presidente del consiglio comunale Giovanni Civiltà rinviato a giudizio per il reato di “falsità materiale commessa da pubblico ufficiale e falso in atto pubblico in concorso”, in relazione ad esami (fasulli secondo l’accusa) svolti presso l’istituto scolastico paritario Athena?
È opportuno ed utile che la rappresentanza della città sia in capo al sindaco Francesco Miccichè, responsabile della scelta di dirigenti che hanno svolto funzioni preminenti e oggi sono sotto inchiesta per gravissimi reati contro la pubblica amministrazione, quali la corruzione in concorso, il voto di scambio politico-mafioso, la turbativa degli appalti, l’estorsione?
Il nostro sindaco, poi, ogni volta che interviene sui fatti gravi che hanno coinvolto la sua amministrazione, dimostra palesemente di non aver minimamente sviluppato un senso accettabile della responsabilità politica e morale che la sua carica di primo cittadino comporta. Basti ricordare due episodi della recente attività amministrativa.
– Davanti al consiglio comunale, ha avocato a sé la responsabilità della liceità della spesa di 130.000 euro circa per l’acquisto di quattro suv e 8 notebook con fondi destinati ad attività ludiche e didattiche per i minori, per essere clamorosamente smentito dal Ministero e dai giudici amministrativi di primo e secondo grado.
– Si è assunto la responsabilità diretta per la nomina di Gaetano Di Giovanni a capo di gabinetto – nonostante la condanna in appello per la vicenda dei Suv – giustificandola con la sua presunta “velocità amministrativa”. Addirittura, qualificandolo come “l’unica persona che mi poteva aiutare al mio fianco”. Concludendo pateticamente: “ho peccato per amore della mia città”. (Tralasciamo di puntualizzare una serie di considerazioni decisamente imbarazzanti sul piano politico e morale. Chi vuole può visionare le immagini dell’intervento del sindaco il 2 maggio scorso in consiglio comunale, allegato a margine)
Allora, sempre per amore della città, sarebbe bene che Giovanni Civiltà e Francesco Miccichè lasciassero le rispettive cariche di presidente del consiglio e sindaco, perché la loro permanenza è incompatibile con quel principio di responsabilità politica che è ben delineato nell’art. 54 della nostra costituzione: “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore”.
Agrigento capitale della cultura non può presentare un vertice amministrativo così malmesso, privo di quello spirito che Montesquieu definì “virtù repubblicana”, che consiste nell’esercizio responsabile delle cariche pubbliche, il solo modo che può consentire la crescita democratica e culturale di una comunità.