di Pepi Burgio
Chi non ricorda la scena finale di 8½? Guido, l’alter ego di Fellini, dirige una
arrangiata passerella coi suoi attori che si tengono per mano, calando festosamente
dalle scale di un simulacro di astronave, al ritmo di una marcetta approntata da Nino
Rota e destinata da allora a marchiare qualsiasi assillo riporti alla mente le atmosfere
uniche create dal grande riminese.
I protagonisti della sarabanda finale sbucano dagli anfratti onirici, dalle ossessioni,
dai tic e dai manierismi del regista, filtrati e distorti dalla fantasia che punta a ordinare,
in un personalissimo album, gli stampi più incisivi che affollano il proprio universo poetico:
il padre, la madre, l’infanzia, le tante donne variamentedeclinate, i preti, il collegio, la Saraghina, la
spiaggia, il mare. Qualcosa del genere, ovvero la contemporanea presenza delle figure e dei
luoghi più significativi, sedimentatisi nel corso del tempo sino ad insediarsi
stabilmente in talune strutture psicologiche dell’autore, è rinvenibile nella
pubblicazione di Frammenti di tempo, ed. Antipodes, di Giovanni Puma. I personaggi
e i siti chiamati a raccolta nella sua particolare pastorale, si sono disposti in un
insieme compatto a formare alcuni componimenti poetici. Essi si impongono alla
sensibilità del lettore per la fresca sincerità dell’ispirazione, la rilevante ampiezza
dello spettro tematico e la varietà delle influenze culturali, a sostegno di una cifra
espressiva plastica, duttile, postmoderna.
Nella poesia di Giovanni confluiscono lo struggente ricordo del padre, l’incanto
ormai svanito per un rilievo di marna bianca e i tanti cortesi idilli alla propria donna,
intonati da “uno che ama”; e il mare, ed un perverso gusto per una certa fragranza del
tanfo dei porti, col fracasso lontano delle officine, e la parola, riparo allo sconforto
quando soccorre la speranza in qualche via d’uscita. Non di rado affiorano versi che
dicono di un’anima informe, irresoluta; svelata però con pudore, con misura,
scansando fastidiose ridondanze. Giovanni la vita l’ama, profondamente,
integralmente, la vita “che ogni mattina si sveglia e ogni notte muore”; ma della vita
conosce bene le offese e gli oltraggi del “nostro tempo amaro”, che affronta tuttavia
col trasporto sereno di una limpida coscienza.
Nel pantheon evocato dai suoi versi risalta la presenza di Calvino e Allen Ginsberg,
Pasolini, e forse anche D’Annunzio, a suggerire a Giovanni qualche verso per
l’abbrivio di un paio di poesie. Accanto ad essi, il fraseggio ubriacante, spregiudicato
del be-bop di Charlie Parker, e certe malinconiche inquietudini delle ballate di Bob
Dylan. Nei Frammenti di tempo, Giovanni Puma ha perseguito, seguendo un preciso
ordine tematico, non banalmente cronologico, il disegno di comporre le variegate
influenze della propria formazione. E non a caso ha pensato di riservare a una
Sorella”ferita dalle onde del canale”, i versi che significativamente chiudono questa prima
raccolta, il non facile compito di offrire al lettore, oltre al destro per una riflessione,
l’emozione durevole di un canto misterioso. Gli siamo grati anche per questo.
- Articolo pubblicato su Suddovest il 23 maggio 2024
Immagine: Nudo su fondo rosso, Fausto Pirandello