di Vincenzo Zelo Miceli

Possiamo affermare che “sono solo parole” o dire “le parole sono importanti”.

Appare però straniante il dibattito sulla violenza adottata da Israele sul popolo

palestinese: è o non è genocidio?

La parola va agli esperti del massacro, analisti del dosaggio della violenza.

Intanto la popolazione palestinese muore o sopravvive in un pezzo di terra senza

uscita.

Sopravvissuta all’immane tragedia di Auschwitz, la senatrice Liliana Segre tuona

«Dire che Israele commette un genocidio è una bestemmia.»

Affermazione che trova la risposta di Michele Santoro, «Rispetto moltissimo Liliana

Segre,» dice quest’ultimo «così come nutro rispetto profondissimo per gli ebrei e per

il dramma atroce che hanno vissuto e che mai l’umanità abbia potuto concepire, cioè

la Shoah. Quindi mi rendo conto della loro sensibilità su questo terreno, però non si

può dare a chi ha sofferto tutto questo un privilegio sul piano del diritto perché se uno

è un assassino, che sia di Hamas o che sia israeliano, è sempre un assassino.»

Il giornalismo ufficiale dell’Occidente ha sostenuto la legittimità della risposta

israeliana dopo il 7 ottobre, tranne qualche bacchettata qua e là perché forse si sta

esagerando.

Ma la tribolazione del popolo palestinese inizia molto prima della mattanza del 7

ottobre. Non scarseggiano le prove sulla violenza dei coloni israeliani, i raid di

allenamento nelle case di palestinesi disarmati in cui spesso scappa il morto, i rave

party organizzati a poca distanza da una popolazione che vive in un lager a cielo

aperto.

Non mancano le voci di ebrei che stanno fuori dal coro, la filosofa ebrea Judith Butler

ad esempio.

«Possiamo avere posizioni diverse su Hamas come organizzazione politica, così

come sulla resistenza armata, ma penso che sia più onesto, e storicamente più

corretto, affermare che la rivolta del 7 ottobre sia stata un atto di resistenza armata.»

ha detto Butler «Non è un attacco terroristico, non è un attacco antisemita: è stato un

attacco contro gli israeliani. E sai, questo attacco non mi è piaciuto, l’ho detto

pubblicamente. Tuttavia, sarei davvero stupida se decidessi che l’unica violenza in

questa regione è contro il popolo israeliano.»

Negli Stati Uniti, dove la comunità ebrea è più numerosa che in Italia, il dissenso

verso il governo di Israele è più palpabile che in Italia, dove a spiccare su tutte è la

voce di Gad Lerner, molto critico verso la crociata di distruzione guidata da

Netanyahu pur non negando l’attaccamento che ogni ebreo sente verso Israele.

Dovrebbe essere chiaro che nessuno può e deve essere felice dei morti israeliani, che

la violenza è sempre sbagliata. Eppure la guerra esiste, il male esiste. L’odio dei

palestinesi si radica nel tempo e nel sangue versato. Esiste anche il diritto

internazionale e la legittimità della resistenza armata in caso di occupazione straniera,

il diritto all’autodeterminazione dei popoli, il diritto a vivere una vita dignitosa e

libera. Diritti che sono stati sciorinati con grande trasporto allo scoppio della guerra

in Ucraina. Ma dove finisce la Storia e inizia la nostra narrazione? Corrispondono

alla medesima cosa?

Mi chiedo quanto influiscano sulla psiche degli ebrei secoli e secoli di pregiudizio e

persecuzioni. Credo sia vero che l’ombra dell’antisemitismo stia ancora acquattata

dietro l’angolo, ma non si può usare uno spettro per arrogarsi il diritto di vita e di

morte sugli altri.

Adesso è chiaro a molti quanto la violenza di Israele sia fuori controllo, quanto gran

parte gli israeliani siano conniventi e carichi di odio, pronti a imbastire picnic sui

monti per guardare i bombardamenti su Gaza come un film al cinema.

Oggi che l’antisemitismo sembra riaccendersi sotto ceneri che sembravano spente,

l’unico antidoto a questa escalation di odio potrebbe dipendere anche dal coraggio

degli ebrei di alzare la voce, di ripudiare la violenza cieca, di ritrovare la via di un

grande popolo che sembra aver smarrito la strada della ragione.

E noi tutti dovremmo opporci al massacro di civili innocenti.

Ora è il momento di guardarci in faccia, di sapere che una mattanza è una vergogna

inaccettabile, ed è ridicolo discutere in salotti tivù sull’esattezza della parola

genocidio.

Il momento è buio e non si vede luce, anche la soluzione due Stati appare un’utopia

irrealizzabile.

Bellissima la metafora biblica disegnata sulla copertina dell’ultimo libro di Gad

Lerner, GAZA odio e amore per Israele, con Sansone che riceve da Dio le sue ultime

forze e morendo uccide più filistei di quando era in vita. Come Israele rischia di fare

oggi, autodistruggendosi col sangue di troppi innocenti.

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ph.: Mohammed Salem

Di Bac Bac