di Adriana Iacono
Il tramonto è di quelli che non lasciano scampo. Una palla di fuoco lanciata contro mare e cielo. La piazza è vivace ma non gremita. La distanza non impedisce il dialogo e il piacere di un ritrovarsi in apparente normalità. Tra spritz e patatine tengo d’occhio l’orizzonte che si fa sempre più infuocato. Due delle nuove conoscenze parlano inglese ma è l’unica cosa che il mio orecchio allenato riesce a cogliere, tra le chiacchiere in coppia che il metro e mezzo di distacco ci consente. Il largo prendisole bianco di Giulia contrasta con il mio piumino blu. È il due di novembre ma il cielo sta dando il meglio di sé e non solo all’ora del crepuscolo. Siediti qui. Abbiamo i posti assegnati . Dice la mia amica. Sono stata tutto il giorno in spiaggia . E un po’ la invidio per queste sue brevi vacanze selvatiche fuori stagione. Non ho mai capito perché ha deciso di tornare dal Canada . Aggiunge poi, indicando la ragazza dai capelli biondi . Da Toronto! Insiste e strabuzza gli occhi . Qui non c’è nemmeno un cinema! Poso il bicchiere. Conosco un sacco di gente che è tornata da un sacco di posti, gente di prima generazione ma soprattutto di seconda. Deve essere un fatto di radici, anche se magari non lo sanno. Io, per esempio, neanche lo sapevo di avere radici finché non ho vissuto all’estero. E poi tu? Che c’hai trovato di bello visto che hai comprato casa? Fingo d’indagare ma so già che la risposta è anche nel viola intenso di cui lentamente si tingono mare e cielo, nel castello e nella chiesa dal crocifisso nero, nei vicoli silenziosi, nei gatti che ne hanno fatto il loro regno e in questa piazza sospesa in bilico su un orizzonte magnifico, dove l’unica cosa fuori posto siamo noi a sorseggiare aperitivi nel giorno dei morti a un passo da una nuova reclusione generale. Non so mi sembra di stare in Africa qui…certi odori, i sapori e poi vedo che la gente sta cambiando, è più critica adesso. Poi sono di Napoli, sud chiama sud, e Pisa non è sta grande città. Accetto la risposta per buona anche se parziale . Comunque anche loro cercano casa, se non sbaglio, eppure vivono a Londra no? Dico, indicando la ragazza inglese col suo compagno italiano . E allora il fenomeno Cianciana? Marisa si avvicina con la mascherina abbassata rompendo in un colpo solo due protocolli. Vorrei riguadagnare il mio metro e mezzo di sicurezza ma la panca è contro il muro, non mi resta che confidare nelle grandi vetrate spalancate per la dispersione di droplet e aerosol. Come te lo spieghi? Chiede. Io capisco come un paesino dei monti Sicani riesca ad affascinare chi è abituato alle metropoli. Dico. Giulia annuisce. È stato un inglese a comprare casa e ha attirato artisti e intellettuali. È più sicuro vivere lontano dalle grandi città adesso. Riflettiamo in silenzio. Con quello che sta succedendo a Milano. Colpa dell’inquinamento. Dice Marisa. Per non parlare dell’agricoltura industriale del torinese. Fa eco Giulia. Forse tutto questo ci serve a capire che non tutto è sostenibile per il pianeta. Dico. Eppure a me non me lo leva nessuno dalla testa… Marisa esita, forse al bivio tra complottismo e negazionismo, … che questo virus è stato studiato a tavolino per eliminare una parte della popolazione mondiale. Sbotta. Guarda che se vuoi fare la complottista devi almeno tirare su sto cappuccio nero. Dico divertita, ma lei non coglie l’ironia e si limita a chiudere la cerniera della felpa. L’arancio intenso del nostro spritz è tutto ciò che resta di un tramonto memorabile ma nel giro di poco finisce anche quello. Il proprietario del bar annuncia: Sono le diciotto . Dobbiamo uscire. In piazza facciamo un piccolo assembramento ma distanziato per cittadinanza: la ragazza canadese continua a chiacchierare con la londinese, i due bolognesi si intrattengono fra loro, io con Giulia e Alberto e i due locali ora con uno ora con un altro. Arriva una video chiamata da Mattia. Ciao, come stai? Le bolle? Intervengo, mentre parla con la madre. Bene. Sparite ! Lo salutiamo con schiocchi di baci a distanza. Certo sti ospedali svizzeri , commenta Giulia, quattro chilometri in bici di sera con la febbre per sentirsi dire ‘mai visto una reazione allergica così’ e essere rispedito a casa. Così composta fa scempio di ogni stereotipo sulle madri meridionali mentre immagina il figlio affrontare tutto da solo. Vorrei abbracciarla ma chiedo solo come l’ha preso. In partita, alcuni avversari erano positivi. Alberto, in maglietta e pantaloncini, si avvicina e mi mette un braccio sulle spalle. Ah così, annulliamo i protocolli ? Dico. Massì, annulliamo le distanze. Risponde. Senti freddo ora, turista nordico. Lo provoco. Minchia friddu! Esclama con accento siculo-pisano. Sta cosa della nave quarantena non è pericolosa?Chiedo cambiando tono. È una sua scelta e la rispetto. Ha ragione. I miei amici sono fatti così. Se non è possibile viaggiare in Africa per creare fattorie, aggiustare pozzi, impiantare pollai e caseifici allora si potrà almeno aiutare i migranti sulle navi in Sicilia. Questo li rende speciali. È ora di andare. Il ragazzo anglo-bolognese mi tende una mano e gliela stringo nonostante tutto, poi porgo una guancia anche alla sua ragazza anglo-pakistana. Piccoli tentativi di gesti normali prima di avviarci verso una nuova imminente reclusione.