di Nuccio Dispenza
Giorgio Bocca non era uno molto tenero col Sud. Era il ’92 quando pubblicò “L’inferno. Profondo Sud, male oscuro”. Eppure in quel libro, raccontando l’incontro con Peppino Lavorato, a Rosarno, scrisse: “Giuseppe Lavorato, deputato Pds, è uno dei pochi che continuano a battersi, e a guardarlo mi si stringe il cuore. E’ un uomo bello e fiero – annotava Bocca – l’onestà e il coraggio gli splendono negli occhi, nel viso. Ora capisco cosa vuol dire “a viso aperto”, è il viso di chi dice ciò che deve dire, che non ha da pentirsi per quello che ha fatto e che continuerà a fare”.
Ecco, per Mimmo Lucano quelle parole sono come un manifesto, sono i codici di comportamento per chi qui in Calabria, come in Sicilia, ci vive, è rimasto al Sud mettendocela tutta per cambiare le cose, avendo come traguardo l’utopia della giustizia sociale. Con Mimmo Lucano, dunque, per parlare di una Calabria che le cronache di questi giorni, di queste ore, ci disegnano come con la testa ficcata in un pozzo nero pieno di liquami. Non solo sanità, non solo mafia, non solo potere nelle mani della ‘ndrangheta. A quasi trent’anni dalle considerazioni di Bocca, oggi la Calabria appare più profondamente ferita e umiliata. Il Covid ha scoperto le ferite inflitte da un potere politico senza valori, nelle mani di mafia, massoneria e letali devianze dello Stato. A Mimmo Lucano – che di ferite sul dorso ne ha subite, tante al tempo non lontano della Lega al governo, di Salvini al Viminale – a Mimmo chiediamo della Calabria di oggi. E lui inizia a parlare proponendoci il film di una vita, di un impegno, sempre lo stesso, in qualunque ruolo si trovasse, sindaco e non.
Per Mimmo Lucano Riace è passato, soprattutto presente, con forza futuro. Si, perchè Mimmo Lucano sogna di ricominciare, riprendere il percorso che altri avevano voluto ostacolare ed interrompere. Riace non ha in sindaco, quello che lo aveva sostituito è risultato incandidabile, si tornerà a votare in primavera, e Mimmo ci sarà. Ci parla di Peppino Lavorato, con lui continua un confronto intenso sulla Calabria, sul Sud, sul da farsi. Mimmo e Peppino Lavorato ricordando un compagno che non c’è più, Peppino Valarioti, anche lui comunista, ucciso dalla ‘ndrangheta nell’estate del 1980, in pizzeria, mentre con alcuni compagni festeggia una vittoria politica. Una di quelle sudate, perché strappate ad un potere sempre oscuro, capace di rinnovarsi per essere sempre uguale.
“Nella mia vita, nei miei 15 anni di sindaco ho imparato che con quelli mai e poi mai compromessi. Un principio dal quale non si può prescindere. Oggi la Calabria è più esposta ai condizionamenti della ‘ndrangheta, alla mafia, come tutto il Sud… Per capire l’oggi è sempre utile rileggere la storia…Il latifondo, l’emigrazione, l’incontro tra mafia e chi di volta in volta prendeva il potere… Il Sud oggi ha perso quel prezioso senso di orgoglio che ci racconta la storia… Si insediano e dominano altri “valori” legati al liberismo, e le mafie si adeguano ai nuovi tempi, diventano protagonisti di una criminalità globale, pensa alla droga…”.
Sfogliamo le cronache, L’arresto del presidente forzista del Consiglio regionale apre una pentola della quale non si vede il fondo. “Questo potere – dice Mimmo Lucano – ha diversi livelli, al livello più alto c’è la borghesia mafiosa, quella di cui stiamo a parlare. Poi ci sono gli altri livelli, e tutti hanno una funzione, sono funzionali al sistema”.
Dalla cronaca alla storia, a quella personale di Mimmo Lucano: “Mi sono sempre detto, succeda quel che vuol succedere ma io non farò mai un passo indietro, convinto come sono che se non c’è uguaglianza non c’è giustizia”. E lo dice guardando a chi è venuto da lontano ed è stato costretto a fare i conti con una accoglienza alla quale nel tempo più nero, e non lontano, hanno violentemente chiuso i rubinetti. Uguaglianza più che integrazione, è l’idea di Mimmo Lucano: loro sono il nuovo proletariato, dice, indicando profughi e immigrati, gli ultimi. Calabria, come Sicilia, terra di contraddizioni, di luci ed ombre, come si usa dire. L’ipoteca sull’una e sull’altra è la stessa, quell’intreccio spesso inestricabile di cosche, massoneria, pezzi di istituzioni, pezzi di imprenditoria, una borghesia che pensa di poter scendere a patti e che invece viene ingoiata dal “buco nero”.
Dall’oggi si torna agli inizi dell’impegno personale: le intimidazioni, le minacce, gli avvertimenti, l’auto bruciata, la figlia terrorizzata, uccisi i cani di casa. Ma Mimmo è rimasto, i familiari si sono allontanati, lui testardamente qui, ad onorare l’impegno di Peppe Valarioti, dell’amico Peppino Impastato, di tanti altri. “A me non sorprende leggere di questi personaggi squallidi che hanno occupato il potere, anche in maniera trasversale… La destra, poi, è senza ideali, interessata al mantenimento delle diseguaglianze.. Altro che inclusione, solidarietà, eguaglianza, giustizia sociale… L’affaire Calabria, la sanità in agonia. Tutti sapevano cosa accadeva nelle stanze del potere – dice Lucano – tutti sapevano chi fossero e a chi rispondevano.
Col peso della pandemia, lentamente ma decisamente il Villaggio Globale di Mimmo Lucano, simbolo di un modello che ha fatto parlare di sé in tutto il mondo; il Villaggio ha ripreso a vivere, l’asilo, i laboratori, il turismo solidale. Riace ha saputo restate sinonimo di accoglienza e promette di raggiungere altri traguardi. Prima di lasciarci, Mimmo Lucano parla dell’informazione, dei suoi silenzi: “Perchè non si è potuta trasmettere e si continua a non trasmettere la fiction Rai su Riace?” Su quel lavoro continua a pesare una fatwa incomprensibile. O meglio, comprensibile ma inaccettabile. La fiction mai trasmessa è “Tutto il mondo è paese”, con Beppe Fiorello, lavoro ispirato all’esperienza di accoglienza di Riace e di Mimmo Lucano sindaco. Sparita dai palinsesti Rai. Per sempre? “Non sono un criminale, come qualcuno ha voluto far pensare, non capisco…”. Altri se lo dovrebbero chiedere, e chiederne conto. Mimmo Lucano non lo dice ma pensa alle forze politiche che questo dovrebbero fare, pensa al sistema dell’informazione che nella migliore delle ipotesi appare distratto. Alla sua vicenda giudiziaria Mimmo Lucano dedica solo poche parole, un flash. Ricorda di quando contro di lui si arrivò ad accreditare testimoni legati alla mafia. Ma questa è un’altra storia, Mimmo Lucano guarda avanti. Che fare, Mimmo, per uscire da questo inferno ? “Ogni giorno anima e corpo a costruire l’utopia dell’uguaglianza”. Lo dice “con il viso di chi dice ciò che deve dire, che non ha da pentirsi per quello che ha fatto e che continuerà a fare”, aggiungo io.