di Vincenzo Zelo Miceli
Dopo tanti anni di democrazia, si corre il rischio che la democrazia non sembri più importante. In fondo a che servono le opinioni se la ragione non può stare contemporaneamente in due posizioni diverse?
Il rumore di fondo che accompagna le nostre vite sembra renderci meno consapevoli e più vulnerabili. Il cicaleccio del gossip, dei personaggi demenziali e delle televisioni si impasta in un bolo facile da digerire ma povero di nutrienti.
Da quando le grandi idee del Novecento sono miseramente cadute, solo il Denaro sembra diventato bilancia perfetta della ragione e del torto, ogni spinta d’entusiasmo è ridotta al possesso dell’ultima innovazione tecnologica.
Così, nello show generale di una vita sempre più social, due artisti al Festival di Sanremo dicono di no alla guerra. Sono Dargen e Ghali. Quest’ultimo, giovanissimo, più preciso, dice stop al genocidio.
Posizioni che parrebbero condivisibili senza troppe discussioni ma una fetta di Italia, in questo 2024, sembra avere meno a cuore le sorti di chi muore sotto le bombe.
Se in passato il palco dell’Ariston è stato utilizzato come luogo ideale per il lancio di messaggi di pace e per i diritti di autodeterminazione dei popoli, non pare che quest’anno sia la stessa cosa per il diritto a esistere del popolo palestinese.
Gli artisti, a parte i due citati, non si espongono.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alessandro Morelli invoca il Daspo per i performer che alla Rai non si limitano a cantare e fare balletti.
Anche l’ambasciata israeliana si dice risentita per le prese di posizione dei due cantanti e soprattutto per l’utilizzo della parola genocidio. E allora tutti a parlare del significato della parola genocidio, se l’utilizzo sia stato proprio o improprio, e in tutto questo l’amministratore delegato Rai Roberto Sergio fa leggere a Mara Venier un comunicato in cui prende apertamente le parti di Israele.
Parte così la gogna social a Mara Venier, che si dice dispiaciuta per quanto avvenuto.
Dai salotti tivù, chissà come chissà perché, la tensione dello Stato italiano esce dagli schermi e si sfoga in strada, la polizia manganella manifestanti pacifici sia a Napoli, nei pressi della sede Rai, che a Pisa, all’ingresso di Piazza dei Cavelieri.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, faro solitario nella tempesta italiana, esprime il suo disappunto al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, affermando che “l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza”.
Gli studenti e i giovani di Pisa, dopo le manganellate, ritornano in piazza per farsi sentire, perché è sacrosanto poter esprimere un’idea e un dissenso.
Pare estendersi, in una forma preoccupante, un certo odor di regime.
Ciò che dovrebbe preoccupare gli italiani è anche la mancanza di un’opposizione politica degna, che non sia sfilacciata e incapace di farsi voce accordata. E mentre in questa “Italia piena di sgomento” che cantava Gaber la democrazia “sporca” vacilla senza neanche troppe urla di preoccupazione, altrove le guerre continuano, e continuano le ragioni degli uni gridate contro quelle degli altri, come se potesse esistere ragione sufficiente per massacrare dei civili, di qualunque nazionalità e credo essi siano.
Foto di Sonia Marrese. Piazza dei Cavalieri alle 10,45, poco prima del pestaggio