“Gentili amici di BAC BAC, sebbene siano già trascorsi diversi giorni dalle allucinanti dichiarazioni proferite da Angela Maraventano in quel di Catania, vi confesso che sono ancora incredulo, sconvolto, basito.E vi scrivo ciò da congiunto di Vittima innocente caduta per mano mafiosa, dunque per mano di quella #mafia per nulla “sensibile”, mutuando il termine usato da Maraventano nella dichiarazione cui mi riferisco sopra e che non cito, di proposito, per evitare un’inutile gratuita propaganda. Sono già passati 38 anni da quel 8 maggio 1982, tanti ne sono passati dalla prima strage di Porto Empedocle che vide cadere vittime della barbarie mafiosa tre innocenti lavoratori che, in quel giorno, erano sul loro posto di lavoro presso un impianto di produzione di calcestruzzo, empedoclino. Mio suocero, Giuseppe Lala (55 anni) ed i suoi colleghi Domenico Vecchio (26 anni) di Porto Empedocle ed Antonio Valenti (38 anni) di Favara furono riconosciuti dallo Stato Vittime innocenti della mafia ben 7 anni dopo, nel 1989.
Tutto accadde per una faida legata a questioni di “concorrenza” fra gestori di impianti di calcestruzzi; in pratica, la “sensibilità” della mafia suggerì la materiale soppressione di un competitor eliminando (mai termine fu più appropriato) dal mercato i titolari. Fu così che il mandante, esponente della cosca di Ribera, gestore di uno stabilimento per la frantumazione di inerti, imparentato con il boss del paese, si rivolse ad un gruppo di fuoco del clan di Raffadali che organizzò l’agguato, per tragico errore, che vide cadere, erroneamente, i tre onesti lavoratori al posto dei veri obiettivi del commando.
Trentotto anni sono tanti e per collocare nel tempo l’episodio basta ricordare che nello stesso giorno morì, a soli 32 anni, Gilles Villeneuve durante le qualifiche per il Gran Premio del Belgio del 1982, appunto, e che la nazionale italiana di calcio doveva ancora vincere il titolo mondiale a Madrid, ma per le famiglie delle vittime il dolore è ancora vivo, immutato, cristallizzato, indelebile. Per questo, ascoltare le vomitevoli esternazione di Angela Maraventano fa ancora più male. Come può una donna, una madre di famiglia, un’esponente politico fare l’occhiolino alla mafia, invocandone la “sensibilità” e facendo appello perché ci sia il ritorno alla difesa del Territorio? Si vergogni, Maraventano, parli con i parenti delle Vittime ancora in vita, però, perché mia moglie Rossana, figlia di Giuseppe Lala, manca dal 19 luglio 2010, devastata da una malattia che i medici del tempo ricondussero al terribile trauma subito, adolescente, per la tragica uccisione dell’adorato papà.
In verità, spiace anche rilevare che non essendo le tre Vittime di serie “A”, magari perché uccisi in abiti da semplici operai e non indossando divise, toghe o livree, questi tre Uomini non vengano mai nominati pubblicamente e quella data maledetta, 8 maggio 1982, sia rimasta impressa solamente nei cuori dei parenti e di qualche amico.
Grazie per l’ospitalità.
Antonio Prestia