di Tano Siracusa
Può capitare in una città con meno di 60 mila abitanti come Agrigento di non incontrare per anni le persone che conosci. Pensionati, profesionistii, disoccupati, scapoli, sposati, con o senza figli, persone normali che conducono una vita normale e che non riescono a incontrarsi. Per farlo devono prima sentirsi a telefono o scrivere una chat, fissare un appuntamento. Prima ci si incontrava per caso, anche senza volerlo. In via Atenea o al Viale, o in qualche locale in centro storico o a san Leone. Da anni non succede più.
La città si è estesa lungo l’asse est ovest, dilatandosi in quartieri periferici molto lontani fra loro. Gli abitanti di Villaggio Mosè, Villaseta, Fontanelle, di San Leone, di Montaperto, del centro storico diventato una nuova periferia, hanno maggiori probabilità durante la settimana di incontrasi fra loro al grande centro commerciale, vero ombelico di un agglomerato urbano che si estende fino a Porto Empedocle. <per raggiungerlo bisogna naturalmente disporre di un mezzo di trasporto e avere voglia di usarlo, perchè il trasporto pubblico in città è rimasto più o meno quello degli anni ’80 del secolo scorso.
La rarefazione dei rapporti personali ha avuto come conseguenza un’attivazione delle relazioni mediate dalla tecnologia, dal vecchio cellulare alle chat, ai gruppi, associazioni, club virtuali che affollano la grande affabulazione sui social. Ad Agrigento come altrove il fenomeno ha anche i suoi vantaggi. Forse più che altrove ad Agrigento, dove le relazioni personali, il loro complicato articolarsi nel gioco dell’ apparire e delle simulazioni, è stato promosso da Pirandello a paradigma dello scacco comunicativo.
Un vantaggio secondario per alcuni è poi quello di potere fare a meno delle buone maniere, quelle che si era obbligati a rispettare quando ci si incontrava nei luoghi del tempo libero, da noi sempre abbondante. Oggi un nuovo galateo autorizza insulti, derisioni, invettive fra avversari e opportune sparizioni fra ‘amici’. Non ci sono sguardi e parole da dover sopportare, quel genere di fatica imposta dalle buone maniere.
Il peggio che può succedere è incontrare un avversario insultato o un amico sparito senza una spiegazione al centro commerciale, dove si va di fretta e c’è solo l’imbarazzo di un veloce saluto.
Questa campagna elettorale ha intensificato una ripresa della ‘piazza’ reale, degli incontri, di parole scambiate guardandosi in faccia.
Che domenica si voti per molti è un sollievo anche per questo: dalle proprie pagine su Facebook si comunica con chi si vuole, quando e come si vuole, al riparo dalla fatica di stare insieme.